sabato 18 maggio 2019

Il professore


Ad un certo punto il professor Pioppi non ce la fece più. Quando, durante l’ultimo incontro docenti-famiglie, un padre ebbe l’ardire di lamentarsi per l’insufficienza in pagella riportata dal figlio, lui insorse. Anni di frustrazioni compresse, nascoste nel sacco ormai vuoto di una pazienza da tempo esaurita, vennero improvvisamente a galla e, come per una pentola a pressione aperta incautamente, dalla bocca del professore uscì di tutto. Prese per il bavero l’attonito genitore e gli urlò in faccia quello che pensava di suo figlio, di lui, del preside, dei colleghi per finire addirittura col bidello che non puliva i cessi. Non mancò di accennare al governo, agli dei in generale e a suo padre che l’aveva voluto far laureare in Lettere. Gli altri docenti, allarmati dal baccano proveniente dalla sala di ricevimento, si precipitarono a vedere cosa succedesse, ma rimasero basiti di fronte allo spettacolo di colui che ritenevano un brav’uomo mite e rispettoso con le mani strette alla gola di uno stimato avvocato padre di tre alunni dell’Istituto. Il viso del Pioppi era stravolto, gli occhi fuori dalle orbite, sul capo i capelli scarmigliati, le gambe aggrappate al tronco dell’altro come una bestia furiosa avida di sangue. Il prof. di ginnastica, per definizione il meglio attrezzato in fatto di muscoli, si aggrappò alla schiena del collega indemoniato per staccarlo dalla preda, ma non fu cosa facile. Finalmente il corpo docente quasi al completo riuscì a prevalere immobilizzando sul pavimento il pazzo, ma questo non fermò il fiume ormai tracimato degli improperi e delle lamentazioni. Tutto il bailamme terminò con l’arrivo di un’ambulanza e di infermieri specializzati. Trascinarono via il Pioppi mentre si toglieva l’ultima soddisfazione gridando a squarciagola la sua opinione sulla moralità della professoressa di matematica. Gli unici che godettero dello spettacolo dall’inizio alla fine furono i fortunati studenti che si trovavano nei paraggi. Il professore di lettere, seppur non al massimo della decenza, salì moltissimo nella loro stima per le opinioni del tutto condivisibili espresse con termini tanto incisivi e, applicando una proprietà transitiva in quei giorni nel programma di studi, non fu minore la soddisfazione di vedere malmenato il padre di quei tre che stavano sulle balle a tutti.
Al povero professore fu diagnosticato un esaurimento nervoso di prima categoria con l’imperativo categorico di staccare col lavoro e prendersi un lungo periodo di aspettativa. Il medico consigliò di andare in una località rilassante, a contatto con la natura, possibilmente poco frequentata e lontana da qualsiasi fonte di stress. Il Pioppi, sbolliti i fremiti rivoluzionari, accettò di buon grado la vacanza forzata e prese in considerazione diverse località dove soggiornare. Scartò subito il mare, troppo iodio eccitante, mise da parte la montagna, che proprio non amava, e restò con l’opzione campagnola. Si ricordò che un collega gli aveva parlato di una sua parente che aveva aperto un bed and breakfast dalle parti di Gualdo Tadino, praticamente in mezzo al nulla. Gli sembrò perfetto. Telefonò all’amico ed ebbe la conferma che il casolare si trovava in prossimità di un bosco ad almeno un quarto d’ora di macchina dal paese più vicino. Prenotò.
-Buongiorno, c’è nessuno? – Il professore si affacciò cautamente sulla soglia del portone di un rustico antico che si ergeva solitario in un mare d’erba punteggiato dal rosso e dal giallo di papaveri e ginestre. Non ebbe risposta e si avventurò ad entrare.
-Ehilà! – Disse ancora. –E’ permesso?
-Eccomi, eccomi! – Una vocina giunse da un’altra stanza e poco dopo una bambinetta di dieci o dodici anni venne avanti per accogliere il nuovo venuto. L’uomo si aspettava di trovare la padrona di casa, non certo una ragazzina con le trecce ed il grembiule.
-Scusami, sono il professor Pioppi. Avrei prenotato una stanza, non c’è tua madre?
-Buon pomeriggio professore, si lo so, mia madre mi ha avvertito. Io sono Caterina. La prego, si accomodi. La mamma è dovuta andare in paese, ma tornerà presto. – Al nuovo venuto sembrava di essere capitato in una favola dei fratelli Grimm. La casa ordinata e linda con dei bei vasi di fiori profumati disposti sui mobili, la bambinetta educata e sorridente, il fruscio del vento tra gli arbusti e lo zinzilulare di qualche rondine in volo. Sembrava tutto far parte di una perfetta scenografia dove riuscire a placare gli affanni dell’anima.
-Bene, bene. – Rispose l’ospite e, inaspettatamente, venne preso per mano dalla bambina e condotto nel salotto sul retro della casa. Caterina fece sedere il professore su di un comodo divano sistemato proprio davanti una grande porta-finestra completamente spalancata e poi, compita, prese posto su una seggiola di fronte a lui.
-Professore, le dà fastidio la finestra aperta?
-No, no assolutamente.
-Vede, - spiegò fanciulla – la mia mamma vuole che quella porta-finestra rimanga aperta per tutto il giorno, fino al momento di andare a letto.
-Oh, bella. E perché mai?
-Deve sapere, professore, che non più di un anno fa ci è successa una cosa terribile. Non le dispiace, vero, se mi confido un po’ con lei?
-Cara bambina, ti prego, sfogati pure. – Caterina, con un gesto veloce della mano si stropicciò gli occhi improvvisamente umidi, poi si scostò dal viso una ciocca dei biondi capelli e cominciò il racconto con voce tremula.
-In un pomeriggio più o meno come questo, mio padre con i miei due fratelli maggiori decise di andare a caccia con il cane, come faceva di solito. Era solo una scappata, diciamo una passeggiata, prima di tornare per la cena, la caccia era solo una scusa. La mamma li salutò e li vide uscire da quella porta finestra diretti verso il bosco. Poi venne la sera, il sole calò e si fece notte, ma i tre non tornarono ancora. La mamma dette l’allarme e tutto il paese li cercò a lungo, ma non furono più trovati.
-Come mi dispiace, povera donna.
-La mamma soffrì molto e non volle rassegnarsi. E’ da allora che teniamo sempre aperta la porta-finestra perché un giorno potrebbero tornare, almeno così dice mamma. Talvolta nelle sere placide e calme come questa, ho quasi l’agghiacciante sensazione che stiano per varcare tutti insieme quell’ingresso. – Il professore rimase colpito e commosso dalla triste storia.
-La prego, -disse ancora Caterina – non dica niente alla mamma quando arriverà. Sa, è sempre nervosa, la sua mente… In fondo perché toglierle ogni illusione?
-No, certo, non ti preoccupare. – Assicurò il professore. Proprio in quel mentre, da fuori giunse il rumore di una frenata sul ghiaietto del cortile e si udì una voce allegra:
-Caterina, è arrivato il nostro ospite? – Nel salotto entrò una bella signora con il sorriso uguale alla figlia ed una sporta in mano. – Ah, professor Pioppi, benvenuto! Vedo che Caterina la sta intrattenendo. Spero non la disturbi.
-Assolutamente no, signora. Sua figlia è deliziosa. – disse il professore alzandosi in piedi.
-La prego, stia comodo.  Mi auguro che la finestra aperta non le dia fastidio. Mio marito ed i miei due figli rientreranno presto per la cena. Ma di cosa stavate parlando? – Il professore inventò lì per lì un qualsiasi argomento per distrarre la buona donna dalla sua ossessione. Intavolarono una conversazione per qualche minuto, ma senza alcuna avvisaglia, improvvisamente:
-Ecco! –Disse la signora volgendo lo sguardo verso l’esterno. – Li sento, stanno arrivando. – Il Pioppi guardò immediatamente Caterina e si gelò. La bambina stava con gli occhi sbarrati fissi sulla porta-finestra come se anche lei avesse avvertito qualcosa. Travolto da una scarica di terrore, il professore si voltò sulla poltrona e diresse lo sguardo nella medesima direzione.  Nel tramonto sempre più fitto, tre figure avanzavano verso la casa con appresso un cane. Una di queste, la più gigantesca, fece un passo dentro al salotto. Si sentì il rumore di uno stivale sul pavimento ed il cane latrò furiosamente.
Per il Pioppi fu troppo. Con i capelli ritti sulla testa, raccolse la valigia lasciata all’entrata e scappò via a tutta velocità. La sua macchinetta sfrecciò nella notte come una stella cadente nell’oscurità del cielo.
-Ma perché quello se ne è andato così? Sembrava avesse visto un fantasma. –Disse il marito rivolgendosi a sua moglie altrettanto stupita.
-Non ne ho idea. Mi pareva una persona tanto a modo. Caterina, tu ne sai qualcosa?
-Ioooo??? – Rispose la fanciulla. – Forse si sarà spaventato del cane. Mi aveva raccontato che da piccolo era stato morso e poi era rimasto con la paura dei cani.
Improvvisare storie era la specialità della fanciulla.