La
sera era stanco. Dopo un po’ di televisione gli veniva una sorta di torpore
nervoso che non si tramutava in sonno ma gli impediva di occupare la mente con
letture impegnate. Aveva iniziato almeno una mezza dozzina di libri sperando
che una trama avvincente vincesse la fatica di prestare l’attenzione dovuta, ma
poi li aveva lasciati tutti sul comodino con un’orecchia sulla pagina a segnare
dove aveva decretato la propria resa. Però in qualche maniera doveva scavallare
il crinale dell’insonnia per scivolare nell’incoscienza di sonni sempre
agitati, e allora si rivolse a quell’infida finestra sul mondo che con pochi
comandi digitali catapulta ovunque, anche dove non si è preparati ad andare: Il
computer. Strumento pericolosissimo, subdolo alter ego di false identità,
amicizie farlocche e notizie nate per confondere. Però dipende da come lo si
usa, si dice, facendo il paragone col coltello che può ferire una mano o
tagliare il pane a secondo delle intenzioni, ma non è corretto. Il coltello,
infatti, non possiede alcun fascino. Lo si può fissare a lungo e, tranne che
per Uri Geller, non si muove, non dice niente, annoia. Invece nel momento in
cui s’illumina lo schermo di un pc sembra di attraversare lo specchio di Alice.
Improvvisamente si viene a contatto con l’universo, non si sa quanto reale, ma
sicuramente colorato e coinvolgente. Si naviga, e già solo questo termine
affascina facendo supporre avventure per i sette mari, lontano dalla scrivania
come corsari nel web. Interessa qualcosa? Pronti: musica, gossip, scienza o
donnine? Tutto “a disposizione”, come diceva Totò in un film che non a caso
parlava di truffe. E allora, imprudenti e audaci come mai, si va, sapendo di
poter sempre premere il tasto che spenge tutto, salvagente che all’occorrenza
trascina fuori dal gorgo cancellando sirene e cantastorie.
Così anche lui cominciò a leggere le notizie on line, ascoltare
vecchie canzoni e vedere qualche frammento di spettacoli che si era perso in
televisione. Sui “social” non si divertiva, non sapeva mai cosa dire e si
sentiva un po’ come un avventore seduto al bancone di un bar che guarda altre
persone discutere sedute ad un tavolino dove lui non era stato invitato.
Qualche “like” qua e là, ma ne usciva presto. Una sera vide: burraco on line, e
volle provare. A volte, alla domenica, faceva una partita con gli amici e,
anche se non era un campione, vinceva di frequente con una soddisfazione
spropositata all’importanza della competizione. Fece correttamente tutte le
manovre per essere accreditato ed entrò nel sito. La prima partita da
“farfalla” fu veloce e vincente e così anche la seconda e le seguenti, mentre
il suo status passava da “lupo” a “pantera” fino ad arrivare a “drago”. A quel
punto venne catturato dalla smania di giocare e dal prestigio di una classifica
che non aveva mai raggiunto in nessun altra attività della sua vita. La
sporadica partitina delle prime sere divenne in breve un appuntamento quasi
obbligato. Come in tutti i giochi dove entra la fortuna, a volte perdeva, ma
continuava a giocare fino a rifasi guadagnando altri gradini verso la vetta di
una graduatoria forse senza fine. Lasciando il computer a notte fonda, andava a
letto soddisfatto, come se avesse veramente vinto una gara sportiva o fatto
bene un lavoro. Si organizzò: un bicchiere dall’altra parte del mouse con due
dita di quello buono, una luce soffusa e un po’ di musica in cuffia e, dopo
aver scrocchiato le dita, si buttava nella mischia. Appena il programma
distribuiva le carte, dimenticava le rogne dell’ufficio, i problemi in famiglia
e le bollette sul tavolo dell’ingresso sentendosi finalmente realizzato
dall’alto del suo prestigioso avatar del quale era orgoglioso come fosse stato
un blasone nobiliare. Divenne esperto ed a fronte di poche inevitabili
sconfitte, inanellava lunghe serie di vittorie con un numero maggiore di punti
al suo attivo e la voglia di continuare ancora ed ancora.
Andava a dormire sempre più tardi e la mattina faticava ad
alzarsi per andare al lavoro. Il viso segnato da occhiaie perenni mostrava di
frequente un’espressione stolida ed assente, si sentiva stanco e privo
d’interesse, in attesa di tornare alla sera davanti al computer. Dopo qualche
tempo fu richiamato dai suoi capi e poi, inevitabilmente, licenziato, ma non fu
un dramma. Possedeva una piccola rendita che gli avrebbe consentito di
sopravvivere e quindi, sollevato nel lasciare un’attività che gli serviva solo
per decenza, si rifugiò in casa. Espletò i piccoli riti propedeutici e
propiziatori e sedette alla sua postazione di battaglia. Cominciò a giocare e
non si fermò più. Si concedeva brevi pause solo per qualche necessità
fisiologica, ma poi tornava innanzi allo schermo prendendo parte a qualche
altro tavolo virtuale. Non curava più la sua persona e l’aspetto trasandato ben
s’intonava con gli occhi dall’espressione spiritata. Deperiva, tra sacchetti di
patatine, bibite gassate ed altro cibo che non richiedeva la perdita di tempo
per cucinarlo, ma la sua graduatoria saliva inesorabilmente. Sul sito non era
scritto quale fosse il gradino più alto e per lui non era mai abbastanza.
Lo ritrovarono accasciato sulla tastiera mentre lo schermo
del computer mandava lampi con la scritta: “Complimenti campione! Sei il primo
in classifica.” Morì da vincitore, col sorriso sulle labbra e l’animo in pace. Fu
meglio di quanto successe a Napoleone ed in fondo non fu una brutta fine.