venerdì 23 novembre 2018

In vacanza dal Polo Nord


Lettere e cartoline si ammucchiavano su ogni tavolo del grande capannone sperduto in una lontana valle nelle vicinanze del Circolo Polare Artico. Il variopinto e disordinato paesaggio di monti e colline formato dalle missive provenienti da ogni parte del mondo avrebbe scoraggiato chiunque dal provare a leggerne anche soltanto una parte, ma il piccolo, vecchio Pottaskefill si districava in quell’immensità di carte pescando sicuro un messaggio dietro l’altro come sapesse già cosa avrebbe letto. Le richieste erano le più disparate e variavano di anno in anno, anche se i giochi preferiti rimanevano le costruzioni di mattoncini per i maschietti e le bambole per le femminucce, magari un po’ cambiati per adeguarsi ai tempi. Per il resto dalla A di automobilina, fino alla Z di zainetto, nella fornitura per il 24 dicembre si trovava rappresentata pressoché ogni categoria merceologica.
Babbo Natale si fidava ciecamente del suo collaboratore al quale aveva delegato tutta la parte burocratica del lavoro, riservando per sé il ruolo di “front man” che interpretava con molto entusiasmo ed un pizzico di inconfessato esibizionismo. L’elfo non poteva chiedere di meglio e, più coscienzioso del più pignolo dei ragionieri, organizzava tutto per bene fino all’ultimo atto del caricamento sulla slitta. Da lì in poi stava al principale andare in giro e consegnare la merce in un tripudio di “Oh, oh, oh!!” e scampanellii vari che il solerte Pottaskefill riteneva un po’ troppo appariscenti, al limite del cafone. Ma si sa, Santa Claus, come lo chiamavano negli USA, era stato per molti anni testimonial pubblicitario di una nota bevanda e gli era rimasto qualche atteggiamento americaneggiante che, alle latitudini del Polo Nord, molti trovavano eccessivo. Comunque, come in qualsiasi grande azienda, ognuno svolgeva il proprio compito e tutto filava liscio. Nel regolamento interno del laboratorio era scritto chiaramente che per qualsiasi problema bisognava riferire in ordine gerarchico e pertanto, quando capitò un intoppo, l’elfo, agitando nervosamente le orecchie a punta, si presentò al cospetto del CEO.   
-Capo. – Disse Pottaskefill. – Abbiamo un problema.
-Dimmi, caro. - Rispose con voce baritonale il placido pancione sollevando gli occhi da un catalogo di slitte ultimo modello sul quale stava facendo un pensierino. Era tentato di dare indietro la sua di legno in cambio di un’altra in fibra di carbonio con al tiro un paio di cavalli mustang dalle froge sbuffanti. Troppo figo! In realtà sapeva benissimo che si trattava solamente di un sogno. Non avrebbe mai potuto rinunciare a Rudolph ed alle altre renne alle quali era affezionatissimo.
-E’ arrivata una lettera da un certo…Edo, di sette anni, che non chiede nessun regalo. – Proseguì il folletto.
-E allora, per quale motivo ci ha scritto?
-Ecco, lui dice che quest’anno non vuole Playmobil o Lego, ma gli piacerebbe: ics, ipsilon, zeta.
-Ehh?
L’elfo si tirò gli occhiali sulla punta del naso guardando Babbo Natale da sotto in su. –Esattamente: non si decifra. Chiede qualcosa, ma non capisco cosa. – Il vecchio si dette una grattatina alla barba bianca.
-Dammi qua. – Prese il foglio e l’avvicinò al viso. Nonostante l’età, il vegliardo non voleva ammettere un’incipiente presbiopia e cominciò a manovrare stendendo e ritraendo il braccio per mettere a fuoco la missiva. Dopo un po’ si arrese, inforcò gli occhiali e studiò gli scarabocchi.
-Non afferro neanche io, ma comunque, con tutta evidenza, si tratta di un desiderio. Non possiamo ignorarlo.
-Ok. – Ribatté l’aiutante preoccupato. - Ma che facciamo, cosa gli spediamo?
-Uhm, non so. Credo che ci sia bisogno di un approfondimento.
Era l’unica cosa da fare: qualcuno sarebbe dovuto andare a Roma, dove abitava il bambino, ed indagare. Babbo Natale aveva girato tutto il mondo per lavoro, ma sempre di gran corsa e durante la notte e quindi non poteva certamente affermare di conoscere bene i posti in cui si era fermato. Di slancio prese la sua decisione:
-Vado io a trovare il piccolo e mi farò dire quello che vuole. – Sfruttando l’occasione voleva concedersi un piccolo lusso che pensava di meritarsi: si sarebbe ritagliato una vacanza di qualche giorno per visitare finalmente la Città Eterna. Gli avevano raccontato che era una delle città più belle del mondo, ricca d’arte, di storia e con gli abitanti dalla battuta pronta e pieni di spirito. Voleva togliersi la curiosità.
Risolse facilmente il problema di come incontrare il bambino per chiedergli spiegazioni. Prese il posto di un suo sosia in un centro commerciale ed aspettò che Edo si avvicinasse a lui durante una giornata di shopping con i genitori. Quando lo vide gli fece un cenno con la mano guantata di bianco, poi lo prese sulle ginocchia e, sottovoce, l’interrogò in merito alle sue aspettative per la magica notte. Babbo Natale si chiarì le idee, segnò la richiesta su un taccuino con la copertina rossa e oro, fece una carezza al bambino e, tra lo stupore dei presenti, si alzò dal trono avviandosi verso l’uscita. Prima d’imboccare la porta si fermò nel camerino di uno dei negozi, si tolse velocemente il vestito rosso ed indossò un anonimo giubbotto per non farsi riconoscere. Quindi, finalmente, iniziò la vacanza. Emozionato come da tempo non gli succedeva, si avventurò pieno di entusiasmo e curiosità per le strade ed i vicoli di Roma.
Dopo qualche giorno tornò a Rovaniemi, casa sua.
-Allora com’è andata? Cosa ne pensi della capitale? – Domandò Pottaskefill al capo porgendogli una tazza fumante con un infuso di bacche e licheni. Il vecchio sembrava stanco. Sprofondato nella sua poltrona, appariva pensieroso, quasi triste.
-Ti dirò, caro, tante cose mi hanno meravigliato. La fauna, ad esempio. Io pensavo che i gabbiani vivessero solamente nei pressi del mare, invece ne ho visti tanti appollaiati su grandi scatoloni verdi stracolmi di sacchetti maleodoranti. Poi cinghiali che attraversano la strada, pappagalli esotici sugli alberi, topi, cani e gatti randagi, insomma una giungla incontrollata.
-Davvero?
-Già, ma non è finita. Per le strade sembra di passeggiare sulla Luna: tutti a schivare crateri più o meno grandi col rischio di inciampare e farsi male. Per non parlare del traffico automobilistico. Strade intasate da fiumi di lamiera, clacson e smog, parcheggi abusivi ovunque ed, ogni tanto, un autobus che prende fuoco. Le belle ville comunali e i viali alberati vengono lasciati senza manutenzione e sono pieni di rifiuti, rami caduti o pericolanti e segni di vandalismo ovunque. Ai semafori, ma un po’ dappertutto, un esercito di vagabondi e senza dimora che cercano di rimediare qualche soldo combattendo una guerra tra poveri per accaparrarsi il posto migliore per l’accattonaggio. Zingari che pescano nei cassonetti e poi si rifugiano in baraccopoli da terzo mondo dove non esiste legalità o decenza. Nei caffè si parla solo di come si vive male in città e di quanto ogni cosa sembra andare verso un degrado ineluttabile, senza speranza.
L’elfo era stupito e lo incalzò:
-Allora mi sembra che la Città Eterna non sia poi così bella, giusto?
-Non volevo dire questo. Anzi, è esattamente il contrario, ma è difficile definire la bellezza e la maestosità di Roma. Non saprei descriverti quello che si prova passeggiando per il centro storico o nei quartieri costruiti quando ancora il cemento era al servizio delle persone, e non il contrario. Ti stupisci per ogni marmo scolpito, guardando una delle piccole edicole con l’immagine di una Madonna dipinta, fermandoti sotto ad una fronda di platano che fa da cornice al Tevere. Quando un raggio di sole colpisce la palla del cupolone sembra che dalla sommità della chiesa più grande del mondo partano dardi dorati per colpire il cuore dei turisti. Di sera un vento leggero, il ponentino, asciuga la fronte spazzando via la fatica di chi finalmente si riposa per finire nelle orecchie degli innamorati sussurrando sospiri d’amore. Le tante monetine gettate nella vasca della Fontana di Trevi testimoniano come ogni visitatore perdoni qualsiasi peccato alla Città Eterna sicuro di non dimenticarla. In piedi vicino ad un tavolino di Trastevere, un posteggiatore, fra ‘na fojetta e n’antra, intona uno stornello strappando un sorriso e una lacrima mentre Ninetta bella scivola nel fiume boiaccia.
Insomma, ho avuto l’impressione che Roma ed i romani non si meritino la situazione che stanno vivendo, ed è proprio per questo che sono avvilito.
-E allora?
Babbo Natale ci pensò un po’ e poi rispose al suo aiutante.
-Io porto doni non faccio miracoli, però forse mi potrei far sentire. – Prese carta e penna e scrisse: “Caro Sindaco di Roma, …”
Il buon vecchio aspettò a lungo, ma dal Campidoglio non arrivò mai la risposta. Si consolò considerando che “ab urbe condita” erano trascorsi millenni e che tante amministrazioni si erano succedute, ma Roma aveva vinto sempre contro chi cercava di umiliarla o semplicemente non era in grado di capirla.
Prese una di quelle bolle di vetro con dentro l’acqua e un monumento in miniatura, la rovesciò e su San Pietro cadde la neve.