giovedì 16 dicembre 2021

Un Babbo Stanco

Se si fosse lasciato crescere la barba non avrebbe avuto bisogno di mettere sul viso quel cespuglio di finti ricci bianchi, di plastica. Gli entravano nel naso, nella bocca ed anche negli occhi mentre l’elastico gli segava dietro le orecchie, ma era un accessorio indispensabile. Sulle sopracciglia, fino a qualche anno prima, aveva tamponato un po’ di talco, ora non ce n’era più bisogno: il passare degli anni aveva provveduto. Il tunicone rosso era grande anche per lui che certo non poteva ritenersi esile, e questo era un vantaggio. Nel complesso si trattava di un armamentario di scarsa qualità destinato a creare un’illusione nella quale nessuno credeva più. Potrebbe essere l’allegoria del tempo che viviamo dove l’apparenza non inganna, ma fornisce il pretesto per sentirsi diversi.

Sbuffava davanti allo specchio del bagno mentre infilava le braghe di panno scarlatto sopra i suoi pantaloni e la giacca bordata di bianco sopra la camicia. Il cuscino per la finta pancia lo poteva evitare, madre natura gli aveva fornito un succedaneo che ora gli tornava comodo. Finalmente era quasi pronto, mancava solo il cappello a cono col pon pon e le soprascarpe – finto stivale. Un ultimo sguardo per vedere se fosse tutto a posto.
La luce del bagno risultava, come al solito, impietosa. Chi era quel pagliaccio dagli occhi tristi riflesso sopra al lavandino? E che senso aveva quella maschera ridicola indossata sopra un’altra maschera ed a tante altre che ogni giorno infilava per affrontare la vita? Qual era il motivo per far rivivere un personaggio da pubblicità della Coca Cola ormai tanto lontano dalla favola di San Nicola, quanto una bibita gassata da un bicchiere di vino? L’aveva fatto tanti anni prima con i suoi figli e loro ricordavano ancora uno strano personaggio che li andava a salutare quando ormai erano a letto, facendosi intravedere nella semioscurità della loro cameretta. Rammentò gli occhi sgranati e sospettosi dei bambini che avevano la paura e la voglia di incontrare quello straniero che avevano visto nelle illustrazioni dei libri. Poi, una volta cresciuti, aveva lasciato perdere relegando il magico benefattore nel ruolo che gli competeva insieme ai Pulcinella e gli Arlecchino: la rappresentazione di qualche virtù o di alcuni vizi che accomunano l’umanità. Qualcosa a cui dare un’importanza folkloristica, tanto per fare festa. La piccola messa in scena a loro non era mancata, ma per il padre quella sera si collegava idealmente con le notti in cui lui era bambino e provava le stesse emozioni dei suoi figli. Quando arrivarono i nipoti cercò di riprendere l'antica usanza, ma ormai era vecchio, le false risate suonavano sempre più false e gli pareva quasi che la sua pantomima fosse accettata per fare un piacere a lui più che per sbalordire i bambini. In un mondo di telefonini, ci vuole altro. E quindi, davanti a quello specchio, si sentiva stanco e un po’ stupido. Aveva senso? Sentiva che i suoi ricordi stavano svanendo e con loro la commozione e il mistero. Centocinquanta, duecento euro e un ragazzo, forse un disoccupato, avrebbe rinunciato a passare la festa in famiglia per prendere il posto del nonno svogliato ed esporsi al ridicolo in sua vece. Per i piccoli sarebbe stato lo stesso. L’anziano personaggio, di tutto vestito, era immobile nel bagnetto, mentre qualche goccia di sudore imperlava la fronte rugosa sotto il cappello 100% poliestere. Aveva comprato il travestimento con entusiasmo perché era lui che voleva crederci, era pronto a fare il vocione e scampanellare come da copione, ma aveva paura che i suoi occhi l’avrebbero tradito. Era stato bello far finta che le favole potessero non essere bugie e mantenere almeno una illusione dopo tutte quelle che aveva visto svanire come nebbia al sole durante gli anni della sua vita, ma forse era arrivato il momento di smetterla. Babbo Natale non esiste, e mentre se lo diceva guardandosi nello specchio, sentì qualcosa spengersi dentro di sé come l’ultimo guizzo di fiamma di una candela ormai consumata.
 
Prese in mano il pon pon del berretto per strapparselo via e ritrovare la sua presunta rispettabilità.
-Nonno, nonno, dove sei? Vieni che sta per arrivare Babbo Natale! – Sentì, oltre l’uscio, la vocina di suo nipote che tradiva l’eccitazione e l’aspettativa, o forse lui volle intenderla così. Come il soffio di un alito gentile su una brace affievolita, quelle poche parole piene d’emozione rianimarono la magia del Natale. Il vecchio capì che il rischio di mostrarsi stravagante era un prezzo che avrebbe pagato volentieri per trasmettere ai suoi familiari il piacere di una tradizione e, soprattutto, la voglia di continuare a sognare e di credere nell’impossibile. Si aggiustò la barba sputacchiando, prese il sacco con i regali e aprì piano la porta del bagno. In corridoio non c’era nessuno e la luce del salotto era spenta con tutti radunati in attesa.
 
-Oh, Oh, Oh! - Disse Babbo Natale, mentre col suo vocione chiamava i bambini accanto a sé. Al vecchio brillavano gli occhi.