Canzoni,
fumo ed allegria lungo la via Emilia. La voce di Vasco gracchia svisata dal
whisky e dall’ultima sigaretta. Si apre la porta del bar di Mario ed il Liga
batte sul tavolo una ritmica di primiera e lambrusco. Mario dà un colpo di
straccio al banco del bar. Nebbia sui tornati che spiazzano la pianura vuota di
gente e occhieggiata da solitarie finestre. Il Francesco arrota la erre,
cantando la tabula rasa, descrivendo la spianata che lambisce i monti e li
separa con campi arati, prati e filari di olmi e vigneti. Lungo la strada tra
la piazza ed il Duomo. La sera, a Piacenza, cade come un sipario sulla vita, ed
un filo di odori annoda le speranze ed i ricordi. Chiusi, eppure erranti,
soffiano e sbuffano garzoni ed artisti avvolti nella bambagia costrittiva, ma
illuminante, con la quale convivono sprezzanti e rassegnati. Saggezza di
provincia ed ignoranza orgogliosa della propria identità che si nutre di
astiosi pettegolezzi scambiati e goduti sul sagrato domenicale. Ma più è compressa
e ristretta, maggiormente vola la mente, e l’ansia spinge verso immaginifiche
visioni e aneliti di libertà. Il sole che tramonta dietro il settimo colle
consola, abbraccia, stupisce, commuove e placa mentre si assopisce il desidero
e la rabbia. Vite più aspre, disprezzate ma difese con orgoglio, sfrenano verso
orizzonti infiniti di voglia di poesia.
La via Emilia offre piccoli grandi piaceri, frutto di antica cultura e
manualità, mentre misteriose suggestioni ammaliano e mediano tra la strada ed
il West.
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