Bruciato nel
bunker? A Buenos Aires giurano che, anche negli ultimi anni settanta dello
scorso secolo, se si capitava nei giardini di Plaza Alemania – che coincidenza!
– si poteva vedere un ragazzetto passeggiare per mano con un vecchio dai lunghi
capelli bianchi e lisci e con un ciuffetto di peli grigi sotto il naso. Non ci
avrebbe fatto caso nessuno se non per la curiosa abitudine dell’uomo di voltarsi
di scatto e guardare fisso le persone con aria spiritata. Portavano a spasso un
pastore tedesco che rispondeva ai richiami del padrone quando urlava “Blondi, herkommen!”
Quasi sempre, dopo aver camminato per una mezz’oretta, si dirigevano verso un
portone in Avenida del Libertador sormontato da una insegna che diceva: “Club
De Los Supervivientes”. Già in quegli anni, ma anche dopo, chi viveva in quel
palazzo si lamentava di essere spesso svegliato nel cuore della notte dalla
musica a tutto volume che proveniva dal Circolo. Qualcuno più curioso e
attento, raccontò di aver sentito spesso le note di “Blue Suede Shoes” uscire
dalle finestre aperte del club, affermando che fosse cantato così bene da poter
essere scambiato con l’originale interpretato da Elvis. Il ragazzetto del bar sulla
strada giurava di aver portato dentro le sale del club un whisky per un signore
dal gran ciuffo, il sorriso storto e con una bellissima giacca bianca con le
frange, ma si pensava lo dicesse solo per farsi bello agli occhi degli amici.
La cosa strabiliante accadde il 25 ottobre 1983. Il señor Emilio Torres, portiere
dello stabile, verso le nove di sera, fece un giro di telefonate a tutti i suoi
parenti e agli amici più cari. Raccontò che era dal pomeriggio che stava
osservando un frenetico via vai dal portone del circolo e che fino ad allora
aveva sentito un gran rumore, come delle prove di strumenti ad alto volume. Voleva
quasi chiamare la policía, ma poi c’era stato un susseguirsi di limousine che,
come pantere, arrivavano e si acquattavano ai lati della strada. Gli era venuta
l’idea che doveva trattarsi di una riunione di pezzi grossi e che forse stavano
organizzando una festa con musica. Siccome era un avvenimento eccezionale per il
quartiere, voleva renderne partecipi i suoi cari. Fu così che, dopo poco tempo,
una ventina di persone si trovarono affacciate alle finestre dell’appartamento
del portiere. Non videro entrare nessuno ma improvvisamente, a tutto volume, una
band cominciò a suonare. Pedro Caliente, cugino di primo grado del padrone di
casa, si vantava di essere un esperto di rock, specialmente quello classico a
cavallo degli anni settanta, e si mise ad ululare di godimento quando riconobbe
le note di alcune delle sue canzoni preferite. Si sentì in obbligo di
manifestare la sua cultura enunciando titolo ed interprete dei brani man mano
che venivano eseguiti. “Light my fire – Jim Morrison” fu il primo, e poi in
successione: “Little wing – Jimi Endrix; Satisfation – Brian Jones dei Rolling;
Me and Bobby Mc Gee – Janis Joplin; On the Road Again – Alan Wilson dei Canned
Heat; Friend of the Devil – Ron Mc Kerman dei Grateful Dead…”
Il concerto
durò fino a tarda notte, e dopo i macchinoni neri accolsero gli anziani
personaggi che, un po’ barcollanti ma visibilmente soddisfatti, uscirono dal
portone dello stabile. L’evento, a detta del señor Emilio, non si ripeté più,
ma quello che infastidì veramente il portiere fu che, quando ne parlò in giro,
nessuno credette a quella strana riunione di miti scomparsi da tempo,
prendendolo in giro e tacciandolo di aver inventato tutto. Per fortuna aveva i
testimoni che, con lui, giurarono di aver visto e sentito tutti quei componenti
del “club del 27” per una sera riuniti insieme, ospiti dell’altro club… quello “De
Los Supervivientes”.
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