Claudia si guardava allo specchio e vedeva una ragazza esile,
gracile, piccola e magra. Si sentiva come un fuscello in balia di ogni colpo di
vento, sballottata e sospinta senza la possibilità di opporsi. Scrutava il suo
viso scavato, si guardava negli occhi sempre cerchiati da un’ombra scura e con
la forza di volontà spazzava via il riflesso della disperazione per sostituirlo
con una scintilla di speranza. Tutte le mattine si impegnava per mettere
insieme l’energia che le consentisse di iniziare la giornata, e lo sforzo di trascinare
giù dal letto prima una gamba e poi l’altra la lasciava sfinita come se
avesse compiuto un’impresa sportiva al limite delle sue capacità. Eppure
mangiava, forse anche troppo, ma era come se tutto l’attraversasse senza aggiungere
niente alle sue braccia sottili come stecchi ed ai sui suoi fianchi puntuti e
sporgenti. Anche la pelle era diafana, quasi trasparente, una sorta di carta
velina che a malapena avvolgeva un delicato organismo che sembrava vivere automaticamente,
fragile ma determinato. A volte s’immaginava come una di quelle creature marine
fatte di gelatina: un insieme traslucido di cellule attraverso le quali si può
vedere un piccolo cuore pulsante e qualche liquido vitale fluire da una parte
all'altra di un corpo senza scheletro. Lei si sentiva così ed avrebbe voluto
essere sostenuta dagli altri, o quantomeno capita nella sua immane fatica, ma il
muto grido d’aiuto che solo i suoi occhi lasciavano trapelare, veniva ignorato
per superficialità o egoismo. Le persone che incontrava, i suoi pochi amici ed
addirittura i suoi genitori vedevano solo il suo corpo ai limiti dell’obesità,
la rimproveravano per il suo peso ormai sopra i cento chili e non riuscivano a
parlare con l’altra Claudia, minuta ed indifesa, che albergava dentro di lei. La
prendevano in giro. Lei ne soffriva, ma non replicava mai perché sapeva quanto
sforzo costasse a quella piccola se stessa accettare di mostrarsi grossa e
sgraziata, mentre la realtà era del tutto differente. Quasi compativa chi le rivolgeva
maleparole perché il poveretto non si rendeva conto di insultare solamente
l’involucro di una persona momentaneamente nascosta, racchiusa come una
crisalide in un bozzolo del quale prima o poi si sarebbe liberata. I momenti
più difficili li passava a scuola. Ormai si era abituata ai soprannomi e gli
scherzi dei compagni la ferivano solo di striscio. Claudia si raccontava che
non le importava di non avere un ragazzo come tutte le sue amiche o che nessuno
la invitasse ad uscire il sabato sera, ma non poteva impedire, ogni tanto, di
compatirsi un po’ versando qualche lacrima. Ma le passava presto, andava a sciacquarsi
la faccia in bagno e sopra al lavandino incontrava il suo viso dalle guance
paffute, ma poi, come in una dissolvenza cinematografica, quell’immagine pian
piano svaniva per lasciare il posto all’altra lei. E si sorrideva
riconoscendosi.
-Sei una balena, grassa e stupida. Non ti vuole nessuno! – Quella
che aveva pronunciato queste parole era la sua migliore amica? La sola con la
quale si era lasciata andare a qualche confidenza e che credeva le volesse
almeno un po’ di bene? Claudia, per la prima volta in vita sua, fu accecata
dall’ira. Le vennero su tutti i rospi ingoiati, tutte le umiliazioni subite e
le mille quotidiane frustrazioni. Sollevò il braccio ben tornito, lo stese
portandolo dietro la schiena, aprì la manona e, piegandosi per prendere
maggiore slancio, tirò uno schiaffo in pieno viso all’altra ragazza. Quella si
mise a piangere dolorante e stupita, ma Claudia improvvisamente rinacque. Si
rese conto che in lei c’era la forza per reagire alle cattiverie degli altri ed
anche alle difficoltà della vita. Acquistò fiducia in se stessa e sfidò il
mondo. Da quel momento cominciò a dimagrire abbandonando il suo corpo in sovrappeso
per portare alla luce l’altro nascosto. In realtà la nuova Claudia non
rispecchiò mai esattamente quella che lei si era immaginata, ma al fidanzato
questo non importava minimamente.
Come Claudia c’è anche il conducente di autobus che appena
può prende un microfono per cantare e il signore oltre la sessantina che non
riesce a soffocare il ventenne nascosto dento di sé; la signora che ripete davanti
allo specchio le parte di Giulietta; il bancario che di notte scrive poesie; chi
lascia l’ufficio per fotografare un tramonto; quelli che si travestono da biker
e poi si sfilano l’anello col teschio per indossare la cravatta; chi sa tutto
sulle carote “julienne” ma non sa cucinare neanche un uovo; coloro che abitano
in centro coltivando il basilico sul balcone e chi cambierebbe subito Magliano
con Manhattan. E chissà quanti altri.
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