-Ho detto di
no! Che palle, non insistere.
-Non mi ami.
Se mi volessi bene lo faresti, anche subito.
-Anche no.
Quando sarà il momento, lo capiremo insieme.
-Mi sono
rotto di divertirmi da solo quando ho una ragazza che potrebbe starmi vicino.
-Eddai, non
ho mica detto: per sempre. Solo, aspetta un po’, e vedrai che quando lo faremo
sarà meraviglioso.
-Però mi
prometti che io sarò il primo con cui lo farai?
-Scemo!
La prova d’amore:
il mio ragazzo non finiva di assillarmi con questa richiesta ogni volta che ci
vedevamo, ma c’era qualcosa che me lo impediva. Naturalmente la questione era
all’ordine del giorno anche con le mie compagne di scuola.
-Hai già
sedici anni, che aspetti? – Mi dicevano. – Vedrai che una volta “tolto il dente”
poi diventa normale e ti piacerà tantissimo. – Uffa, sarò libera di decidere
per conto mio, o no? C’era, nel mio Istituto, una suora giovane che sembrava di
mentalità più aperta rispetto alle altre e con la quale spesso ci confidavamo
per avere un consiglio. Non nascondo che, a volte, ci inventavamo situazioni e
problemi imbarazzanti da sottoporle, perlopiù a sfondo sessuale, solo per il
gusto di vedere come diventasse tutta rossa mentre cercava una risposta
adeguata. Andai da lei.
-Sorella, – pregai
– mi dia un suo parere. Sono abbastanza matura per, come dire, lanciarmi nel
vuoto con il mio ragazzo o ancora non è ora?
-Maria
Verzine Benedeta, ciò! – Rispose la religiosa di chiare origini venete, - ti
g’ha da penzarse bene, putea. Una volta che te si butatta non pole retornar de
drio! Non fidarte, l’omini son tutti uguali: per loro è un divertimento. Per
ti, fiolina, potria esser una cosa scioccanta. Ricordate de Santa Teresa d’Avila,
che te ghò dao un santino, quando incitava le putee ad una santa prudenza.
-Ma io non
voglio essere santa, sorella.
-Bon, io te
l’ho dito: attenta che lo stravisio te porta alla scalcagnata, e poi non venir
a pianzare da mi! Scherzo, benedeta, pole venir quando la tu vol.
Confesso che
più ne parlavo, maggiormente mi cresceva la voglia e l’eccitazione.
-Ti devi
solo lanciare. – Mi consigliò la mia amica del cuore. – Fai un passo e…zac ti
s’accendono tutti i sensi come un flipper in tilt, l’adrenalina sale alle
stelle e poi potresti rifarlo altre mille volte ancora. – Me lo diceva dall’alto
della sua esperienza. C’era passata l’anno precedente e la prima cosa che aveva
fatto il giorno dopo, era stato vantarsene a ricreazione con tutti. Per questo
era molto popolare tra i maschi, ed io non ero sicura della sua obiettività.
Mi rivolsi
anche a mio padre, con la dovuta circospezione, perché nonostante non capisse i
miei problemi quasi mai, ero sicura mi volesse bene, e poi aveva l’esperienza
di un vecchio oltre la cinquantina.
-Senti un
po’, - attaccai velatamente – se tu dovessi fare una scelta importante e non
fossi certo di fare bene o che fosse arrivato il momento giusto, come ti
comporteresti?
Poverello,
stava tranquillo seduto in poltrona sfogliando il giornale. Alle mie parole
fece un balzo come se gli avessero acceso un petardo sotto al sedere.
-Non lo
fare! – Urlò diventando tutto rosso, ai limiti dell’infarto. – Non devi farlo!
Guai a te se lo fai! Se ci provi, dopo dove andrai a finire? Sei troppo
piccola, è troppo presto! La mia bambina… e poi, con chi? Con quello
scapocchione che è venuto a prenderti l’altra sera? Ma se è pieno di brufoli:
che schifo! Ricordati che sei mia figlia e di quello che tua madre ti ha sempre
insegnato.
-Cosa?
-Come, cosa?
Beh, ecco...che non si fa. Non alla tua età, non con il primo che passa. Insomma:
ti vieto categoricamente di farlo!
- Va bene
papà. – E decisi che l’avrei fatto.
Era una
bellissima giornata di primavera, marinai la scuola ed il mio ragazzo, ancora
più eccitato di me, mi fece salire in macchina. Lui era più grande e con altre
esperienze alle spalle. Sapevo, o meglio speravo, che sarebbe andato tutto bene
e che, dopo, avrei ricordato quel giorno per il resto della mia vita.
Dopo poco
giungemmo in un vasto prato d’erba bassa che si perdeva fino all’orizzonte.
Scendemmo dall’auto e, tenendoci per mano, ci avviamo verso una costruzione al
limitare del prato. Sopra la porta c’era un’insegna con scritto: “Campo di Volo”.
Ci imbragammo e corremmo verso il piccolo aereo in attesa. Quel giorno mi lanciai
per la prima volta col paracadute: a momenti morivo di paura. Sarebbe stato
meglio se fossimo restati in macchina a fare l’amore.
Ma benedeto fiol...e io che pensavo... ��������
RispondiEliminaRiuscitissimo! Bravo ma non è nemmeno una novità che tu sia bravo a scrivere