Piero Angela
mi mette a disagio. Con quell’aria tra il professore di matematica ed il colonnello
sabaudo, ogni volta che lo guardo sembra quasi che mi rimproveri per non aver
fatto i compiti o per le scarpe non lustrate a specchio. Tratta ogni argomento
con una levità distaccata, come ad intendere che qualsiasi cosa si può prendere
in considerazione, ma per lui sono solo quisquilie in relazione al livello in
cui vive, dove la materialità è sublimata in una forma di eterea e panteistica saggezza
cosmica. A volte, raramente e con rispetto parlando, scivola nella pedanteria,
ma lui può permetterselo come un vecchio asceta che si sforzi vanamente di
indottrinare degli allievi scapocchioni. Naturalmente non mi azzardo a cambiare
canale e solo una lieve intermittente “cecagna” mi è d’aiuto con brevi,
malcelati, pisolini nel tirare fino alla fine di un “Super Quark” senza cedere
alla tentazione dell’abbandono. L’eminente giornalista è uso contornarsi di una
congrega di collaboratori che forse esistono solo sui titoli di coda o sono
defunti da molto tempo, visto che appaiono unicamente nelle trasmissioni del
loro Guru. I nomi di questi inviati sono chiaramente frutto della fantasia del
deus ex machina del programma, che si vuol velare di una democraticità
fittizia, mentre probabilmente è solo lui che, uno e plurimo, tira le fila
delle varie puntate. Giangi Poli: non esiste, chi l’ha mai incontrato a una
riunione di condominio o dal barbiere? Paco Lanciano: improbabile, col nome di
un peones messicano ed il cognome di una periferia. Lorenzo Pinna: ogni tanto
si fa vedere, ma non si è mai presentato: sospetto.
Qualche sera
fa, il Gandalf di RAI 1, con un sorrisetto velatamente sadico, ha portato in
studio un grande mappamondo sezionato per mostrarne l’interno. Ha messo in
evidenza, supportato e mai contradetto dal sedicente esperto di turno, come la
nostra beneamata Terra assomigli a un arancino siciliano. La panatura
corrisponde alla crosta terrestre, la parte del riso sono rocce in movimento e
la mozzarella filante è il nucleo centrale. (Il paragone gastronomico è mio, mi
scuso per la volgarità non confacente a cotanta rubrica). Questo nocciolo
magmatico pare sia composto da un materiale fluido ed incandescente a circa
seimila gradi centigradi che mette in movimento tutta la massa che lo contorna,
fino a sfociare in superfice nelle manifestazioni vulcaniche o nei terremoti. Angela
ha posizionato, come in un puzzle che non combacia, le varie placche
continentali con le relative faglie di scorrimento, annunciando serafico che lo
sfregamento di quei tasselloni provocherà l’armageddon e che noi, ovviamente,
non possiamo farci niente. Lo sapevamo o l’avremmo potuto supporre. Siamo
consci e consapevoli della nostra inanità di fronte alla forza della natura, ma
ricordarcelo dopo cena, a cosa serve? Forse a farci andare a letto pensando che
sotto ai nostri piedi c’è una specie di perenne barbecue in attesa di fare di
noi salcicce; oppure a distoglierci dallo schiacciare quella fila di formiche
vicine al tavolo della cucina che, in fondo, nell’ordine del creato hanno la
nostra stessa, identica, rilevanza?
L’aria sulla quarta corda di Bach, con i
titoli di coda, consente finalmente di cambiare canale. Un sano Vanzina d’evasione,
da qualche parte, lo si trova.
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