domenica 11 marzo 2018

Peter Camenzind ③




E finalmente l’inverno. Peter Camenzind era stanco, le ossa gli dolevano ed ogni passo portato avanti su quel sentiero voleva dire una piccola vittoria della volontà sugli acciacchi degli anni. Quanti ne aveva? Più o meno ottanta, e li ricordava tutti, forse un po’ confondendoli, con l’ondivaga memoria della vecchiaia che si aggrappa ai rimasugli del passato per non perdere il contatto con la realtà. Camminava ancora lungo lo stesso sterrato percorso innumerevoli volte dove, col tempo, ogni albero era diventato un suo amico, ogni roccia il suo sostegno e ciascun piccolo sasso il suo compagno di giochi. Da tempo si era ritirato dall’insegnamento e di tutti gli anni passati a scuola, chino sui libri, sembrava non gli fosse rimasto niente. Facendo un bilancio con schiettezza, doveva ammettere di non essere diventato né più saggio né più sapiente di quando era giovane, anzi gli sembrava di avere perso qualcosa di cui, in partenza, era ricco. Lungo la strada aveva, poco per volta ma ineludibilmente, smarrito l’entusiasmo, la curiosità e perfino la speranza. Era inquieto, da giovane. Pensava che la ricerca interiore fosse altrettanto importante di quella scientifica, che in quegli anni stupiva il mondo, e si vedeva come un esploratore dell’anima tanto audace ed intrepido quanto Amundsen al Polo Nord. Non aveva la necessità di andare lontano, ma si tuffava fiducioso ed avido nei libri come un minatore dentro le grotte profonde ed oscure alla ricerca di qualche pepita. Aveva letto fino a stancarsi gli occhi e la mente e poi aveva cercato i sapienti per confrontarsi con loro e trovare, o quantomeno approssimarsi, alle risposte che da sempre l’uomo si pone per giustificare la propria esistenza. In qualche circostanza, accanto ad un asceta o godendo di una poesia, gli era parso di trovarsi vicino alla verità, ma l’esperienza della vita l’aveva ogni volta, bruscamente, dissuaso. Si sentiva deluso e vinto. Deluso dalle troppe aspettative mal riposte, dalle vane promesse, dagli orizzonti intravisti e mai raggiunti. Deluso dagli uomini che continuano a ripetere, da sempre, gli stessi errori e non riescono ad accettare di essere mortali, credendosi padroni del proprio destino mentre altro non sono che marionette tirate dal fato. Deluso dall’avidità del niente che sono i beni materiali, dalla gelosia del possesso, dalla cecità di fonte all’odio ed alle guerre. Deluso dai sentimenti che regalano brevi momenti di felicità e si tirano appresso un bagaglio sempre pieno di lacrime. Deluso da un Dio sordo, dai falsi profeti di previsioni sballate, dagli imbonitori di un mondo oltre la morte che vendono una merce che nemmeno loro hanno mai visto. Infine deluso da se stesso, estraneo al giovane che ricordava percorrere quello stesso sentiero sicuro che la vita fosse nelle sue mani e la felicità ad un tiro di schioppo pronta per essere ghermita. E quindi, vinto. Con le armi deposte ai piedi di una barzelletta, di uno scherzo nella mente di un Essere Superiore sadico e dispettoso che si diverte in un gioco senza vincitori e senza scopo dove, come un moscone nel bicchiere, bisogna volare senza stancarsi, col solo risultato di sbattere in continuazione la testa. Forse prenderne coscienza è lo scotto da pagare dopo una lunga vita che solo verso la fine si svela per quello che è, anch’essa stanca di continuare l’eterno inganno. Ma come una vecchia tartaruga la sua pelle si era inspessita ed ormai nessun dardo riusciva più a trafiggerlo.
Sebbene quella mattina facesse freddo, Peter non aveva voluto rinunciare alla quotidiana passeggiata. La foresta d’intorno non era che un intrico di rami secchi ed adunchi dove il grigio del cielo si confondeva con il colore delle cortecce e della terra spoglia. All’uomo sembrava di essere l’unica cosa viva, e l’assurdità di questo pensiero lo faceva sorridere tra sé. Non si scorgeva traccia di animali e solo qualche sporadico frullio d’ali tra le fronde spezzava il silenzio di un paesaggio assopito ed immobile. Ancora davanti vide la svolta dalla quale, tanto tempo addietro, aveva sentito provenire la voce di Maria, e si fermò. Tese le orecchie e nel vecchio volto rugoso si riaffacciò il viso del giovane che fu. Era sicuro che avrebbe udito il familiare: la, la, la di una antica canzone cantata nelle aie dai contadini. Si aspettava che comparisse la figura amata di una vita e che ancora lo rimproverasse per averla lasciata da sola. Ma gli istanti passavano e non succedeva niente. Peter provò una fitta di delusione nel suo cuore stanco e malandato e, come d’incanto, in quel momento l’anima si librò leggera lasciando per terra un inutile sacco. Peter Camenzind raggiunse la sua Maria ed insieme, per sempre, cantarono la loro canzone.  


F I N E

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