Una piccola scintilla,
sottesa nella polvere di un camino. Sembra aspettare un soffio che la ravvivi, mentre
si nasconde per sfuggire al tempo che inesorabilmente la consuma. Seduto di
fronte al camino, nella penombra della stanza, cerco con gli occhi il fievole
bagliore che mi racconta della sua vita e di tante esistenze come la sua. Nel
palpitare sommesso del tizzone rivedo l’entusiasmo e la speranza, ma anche la
vacuità e l’illusione. Sotto la cenere occhieggia e si riaccende come se avesse
ancora la voglia forte di divampare senza riuscire a trovarne la forza. Si sta
affievolendo, la piccola brace, però vedo che non vuole andare, ed allora la
pungolo con l’alare di ottone e la sostengo con un altro zeppo e qualche foglia
secca. Improvvisamente si rianima, riprende vigore e cerca di tornare la fiamma
di un tempo, ma è solo una vampa passeggera che si esaurisce nello spazio di un
ricordo. Eppure non muore. Sotto l’impalpabile coperta di una polvere di
velluto, resiste e si nasconde, aspetta e non cede. Spera che l’alito di un mantice
misericordioso le fornisca la forza per sprigionare ancora un ultimo bagliore
nell’antro sempre più oscuro che la vide prima timida, poi spavalda ed ora
irresoluta. In quel tenace piccolo carbone ardente rivedo la mia età che non
vuole arrendersi al tempo che passa. Con sulle spalle il manto grigio di una
cenere testimone di tanti passati falò, la pepita di fuoco non può più competere
con le fiamme vivaci, ma non cede. L’ultima lingua rossa mostrata al mondo, varrà
come lo sberleffo finale di chi ha provato a donare un po’ di calore, per
quello che ha potuto.
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