lunedì 27 gennaio 2020

La biblioteca


Veniva naturale entrare in punta di piedi. Una biblioteca non era il posto che frequentava di solito, ma l’appuntamento era proprio lì, tra pareti di libri e file di banchi quasi vuoti. Il suo bel pezzo di carta, dopo anni di studi, era riuscito a conseguirlo e qualche romanzo spesso transitava sul suo comodino, ma quell’aria di sacralità legata a una cultura non alla portata di tutti, lo metteva a disagio. Si sentiva osservato dagli autori dei quei tomi voluminosi con una sorta di disprezzo, quasi fosse un intruso in un club di intellettuali avvezzi a secoli di sapienti dispute sullo scibile umano e sulla natura stessa del pessimo frutto dell’opera artigianale di un Dio in quel momento non al massimo della Sua creatività. Un bar, un cinema, al limite un museo, quasi tutto sarebbe stato meglio per quel primo appuntamento, ma le occasioni vanno colte al volo e quella proposta appena sussurrata era preziosa come la mappa di un tesoro. In fondo era esattamente quello che stava facendo, seguiva le istruzioni di un percorso che sperava l’avrebbero portato ad uno scrigno pieno di mistero o all’anticamera del paradiso. Era in perfetto orario, le tre del pomeriggio, ma nello stanzone dagli scuri accostati la luce filtrava a malapena. La calda estate rimaneva fuori mentre un nobile fresco, frutto di profonde pareti e non di condizionatori d’aria, dichiarava la volgarità di ogni involontaria stilla di sudore. Si aggiustò la cravatta, si passò le dita tra i capelli e si avviò verso il piccolo pulpito in fondo alla stanza. Le scarpe scricchiolavano ad ogni passo col rumore di una sega elettrica in una cattedrale, ma non poteva farci niente, ed incurante di qualche sguardo infastidito, percorse quei pochi metri con la spavalderia di un pirata all’arrembaggio. Si sentiva in un guado, durante la traversata di un mare ignoto con l’eccitazione e la paura a mordere il coraggio. Lasciava alle spalle notti solitarie e sogni evanescenti che, come la nebbia del mattino, svanivano sempre col calore del primo sole. Lo spingeva la voglia di un’emozione, la smania di provare un desiderio, un fuoco che ardeva suo malgrado. Sapeva di rischiare, ma era proprio quel brivido, tra l’incoscienza e la temerarietà, che lo faceva sentire vivo. Un passo ancora e poi, senza parlare, posò la mano sulla sua scrivania. Lei alzò gli occhi dal libro e lo guardò come se non lo riconoscesse.
Eccomi, le disse, mentre la bibliotecaria usciva dalla sua pelle rinnegando gli occhiali e la matita.   

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