Questa sera,
in televisione, hanno trasmesso un lungo concerto dei Pooh in memoria di
Stefano D’Orazio. Stavo vedendo un altro canale, ma in corrispondenza della
pubblicità ho fatto zapping e mi sono ritrovato su RAI1 proprio mentre
attaccava “Piccola Kathy”. In quel momento anche la mia memoria ha fatto
zapping ed ho capito perché mi ha colpito tanto la morte del batterista di un
gruppo musicale del quale non ho mai comprato neanche un disco. Improvvisamente:
Fregene, agosto 1969, io in groppa alla mia gloriosa Vespa 50 color giallo senape
spinta al limite di suoi settanta orari (confesso, avevo fatto sostituire il “tromboncino”
del carburatore). Quell’estate dissi a mia madre di non preoccuparsi, mi avrebbe
potuto tranquillamente lasciare da solo a soggiornare nell’Hotel Villa dei Pini
in quanto i proprietari erano nostri buoni amici di famiglia e, in fondo, era
un po’ come se fossi a casa mia sotto gli occhi di parenti. Era una boutade
alla quale non credevo neanche io e che ero sicuro sarebbe stata rifiutata, ma
invece, dopo qualche titubanza, fui accontentato. Ottime persone quegli
albergatori, ne ho un ricordo vivo e affettuosissimo, ma certamente non
potevano controllare un ragazzo loro ospite mentre avevano un gran daffare a
mandare avanti l’albergo più bello della riviera romana. Perciò, tranne qualche
sporadico convenevole, i miei incontri con loro erano occasionali e perlopiù
all’ora di pranzo o di cena. Per farmi sentire più a mio agio, mi dettero una
bella stanza a Villa Schipa e, siccome non c’era un servizio di portineria
continuo, mi fornirono della chiave con libertà di movimento in qualsiasi ora. Sono
sempre stato un “giovine” avveduto e non ho mai fatto niente che un buon
parroco non avrebbe assolto con qualche decina di pater/ave/gloria, ma eravamo
in piena beat generation, non sentivo le briglie sul collo e pertanto ci
sarebbe voluto uno molto, ma molto, più tonto di me per non approfittarne un po’.
Posso dire solamente che quando mamma mi veniva a trovare, non riusciva a spiegarsi
il motivo per il quale, nonostante fossi al mare da tanti giorni, non ero abbronzato
quasi per niente. Un uccellino (fetente e spione) avrebbe potuto spiegarle che
da Toni ci andavo solo nel pomeriggio, spesso tardo, per una partita a
pallavolo e che il mio orologio biologico si era inspiegabilmente spostato sul
fuso orario di Anchorage dove il loro giorno corrisponde alla nostra notte e
viceversa. A quel tempo Fregene rivaleggiava con Forte dei Marmi e dintorni
come località più alla moda dove trascorrere le vacanze, ed i cantanti che
andavano per la maggiore facevano prima tappa alla Bussola di Focette per poi continuare
il tour alla Nave, l’Oasi o il Tirreno. Si parla di Mina, degli Aphrodite’s
Childs, degli Showmen (ok, prima di storcere la bocca, senti: https://www.youtube.com/watch?v=cy8crYdtrPQ&list=OLAK5uy_mJe2RrFeD7B0-dT2DYYpHZ5kliMFByEbs&index=13
). Noi ragazzi, fra tutte le location, preferivamo il Tirreno per la semplice
ragione che c’era una recinzione dal lato del parcheggio, ma solo una rada e bucatissima
incannucciata dalla parte del mare. Quindi, attenti agli sguardi dei camerieri,
non erano poche le volte che con gli amici ci imbucavamo sedendoci subito tra
le altre persone con l’espressione più innocente e vaga, come fossimo appena
tornati dal bagno. E lì vennero anche i Pooh con ancora Riccardo Fogli ed un
look da “scappati di casa” che era esattamente lo specchio dei tempi. Verso la
fine del concerto, forse all’una di notte, cantarono piccola Kathy e poi si
congedarono da un pubblico che li salutò con un tiepido applauso. Forse fu l’effetto
del bicchiere di whisky spillato dalla bottiglia che ci eravamo portati da
fuori dividendo la spesa e le sorsate, sarà stata la dolcezza di una notte d’estate
che sembrava promettere qualsiasi cosa, fatto sta che uscii dal locale euforico
e pieno di un’energia incontenibile. Saltai sopra la vespetta come se fosse l’Harley
di easy rider e aprii a manetta su Viale Viareggio. Mentre la velocità mi
scompigliava i capelli e mi faceva lacrimare, cantai a squarciagola: “Ohh, Ohh
Piccola Katy…Ohh, Ohh Piccola Katy …”. Una falena, od altro insetto nottambulo di
notevole dimensione, vide la mia bocca spalancata scambiandola per il garage di
casa sua e ci si infilò dentro, senza alcuna esitazione. Sbandai
pericolosamente, sputacchiai come un lama incazzato ed assaggiai la mia prima,
ed ultima, tartare di lepidottero. Come dimenticare? Ecco perché Stefano d’Orazio
rimarrà sempre nei miei ricordi e, andando via, ha portato con se una briciola
della mia giovinezza.
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