mercoledì 16 aprile 2014

Quando il sole tramonta.

Verso il tramonto di una sera d’estate, un vecchio pescatore sedeva fuori di una baracca in riva al mare, con in mano un bicchiere di vino, e lo sguardo perso all’orizzonte. “Scusate, mi sapete dire dove si trova la Locanda del Cartello?” Mi dispiacque interrompere quello che sembrava un intenso raccoglimento di fronte al maestoso spettacolo che la natura stava mettendo in scena, ma mi ero perso ed avevo bisogno d’aiuto. “Signorì, la locanda è chiusa. Gli affari non andavano tanto bene ed i fratelli che la gestivano hanno litigato. Si sono spartiti quello che c’era, e hanno chiuso il locale.” Questa era una piccola delusione. Mi avevano raccomandato il locale per la sua cucina, ancora fatta di prodotti genuini, e per la vista spettacolare del golfo di Sorrento che si poteva godere dalla terrazza. Il pescatore notò come fossi contrariato e, per consolarmi, mi fece una proposta. “E’ ancora presto per la cena. Dopo vi indicherò un altro posto di un compare amico mio che vi tratterà bene. Vi assicuro che, se assaggerete il suo fritto di paranza, più tardi mi ringrazierete. Per fare ora, se non avete altri posti dove andare, gradite un bicchiere di vino con me.” Come prima impressione, non avrei detto che quell’uomo anziano, assorto nei suoi pensieri, fosse una persona particolarmente socievole, ma forse ero capitato in uno di quei momenti in cui si sente il bisogno di sturare la propria anima e lasciar traboccare quello che di troppo vi è compresso. Il pescatore, dopo avermi versato un’abbondate dose di un bianco asprigno, mi fece accomodare su una sedia accanto alla sua. In quel momento pensai che non c’era al mondo nessun cinque stelle lusso che potesse offrire di più di quel mare, di quel vino e di quella pace. E di come fosse bella la vita. Ma, come dicevo, il vecchio, aveva bisogno di parlare. “Vedete, signorì, com’è bello qui. Non vi fate ingannare: è una fregatura. La vita è una fregatura. Mi ricordo di un fogliettino dei Baci Perugina e, cambiando un po’ quello che c’era scritto, posso affermare che “la vita è l’apostrofo grigio tra le parole aggia’amurì”. Veniamo dal niente, se vuole, da una casuale combinazione biochimica, e finiremo nel nulla. Però noi ci raccontiamo che questa “vita” sia importante. Ma è solo perché l’abbiamo. Anche una vacca è importante per il contadino che la possiede come una casa per il proprietario e così via, ma che valore ha una cosa della quale non possiamo disporre come vogliamo e che, soprattutto, spesso ci rende più infelici che soddisfatti? E poi è fetente, la vita. Gioca con noi, alle tre carte. Ci fa vedere una carta con l’amore e la felicità dei sentimenti, poi la copre, poggia le carte sul banchetto, le muove e chiede, se vogliamo vincere, di indicare qual è la carta che aveva mostrato. Noi, ovviamente ingannati dall’abilità della vita truffatrice, indichiamo quella sbagliata, e perdiamo. Poi fa lo stesso con le carte della ricchezza e del successo, ma ancora ci inganna. Se è particolarmente carogna tira fuori la carta della salute e gioca facendoci perdere anche con quella. E questa è la vita che noi dovremmo amare? Io, signorì, sono ignorante, ma ho tanti anni sulle spalle e ancora non ho capito il senso dello stare al mondo, ma Bonolis, in televisione, lo chiedeva a tutti e mi sembra che ognuno avesse una risposta diversa. Quindi non esiste una sola e vera risposta, come nessun filosofo o teologo, in tutti i secoli passati, credo sia mai riuscito a dare. Per quanto mi riguarda c’è soltanto il ricatto dei sentimenti, ovvero il senso di colpa nei confronti dei mei cari che mi tiene legato a tutta questa pantomima. Altre motivazioni, più l’artrite mi impedisce di riparare le reti per la pesca, meno riesco a trovarle.” Lo guardai negli occhi azzurri e profondi, immersi in un mare increspato di rughe, che da soli parlavano in quel viso bruciato dal sole e sbiancato dalla barba ormai incanutita. Come non serve nessun insegnamento per trovare il seno di una madre, così non contano mille anni di studio per trovare una risposta che non c’è o che è diversa per ciascuno di noi. Così risposi nella sola, insoddisfacente, maniera che a quella domanda mi ero anch’io dato. “Amico mio, per alcuni la risposta è la fede. Motivano sofferenze e sottomissioni con una ipotetica e mai provata ricompensa in un’altra vita. Altri credono che questa sia solo una consolazione per i patimenti quotidiani ed i soprusi dei potenti e, quindi, niente abbia a che vedere con l’etica naturale non trovando alcun senso alla vita. Io, più semplicemente, credo che sediamo in un vagoncino agganciato al convoglio che corre sulle montagne russe. Ormai ci siamo. Non possiamo scendere, cerchiamo di spaventarci il meno possibile e, anzi, di divertirci se ci riusciamo. Urliamo, piangiamo, diciamo parolacce e speriamo che, alla fine del percorso, scenderemo con un sorriso.” “Tu sì nù babà!” In quel momento il sole si inabissò lasciando un cielo rosso con la promessa di un nuovo incontro dopo l’intervallo della notte.

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