A Saint-Germain-des-Prés non esistono strade senza storia. Avevo
lasciato il mio alberghetto con le stanze decorate a fiori di lavanda, e
passeggiavo lungo Rue de l’Universitè per ingannare le ore che mi separavano da
un incontro di lavoro particolarmente importante. Con la mente ripassavo gli
approcci e le argomentazioni che avrei dovuto usare per convincere monsieur Arnoux
ad introdurre la nostra collezione di abbigliamento nei magazzini “Le Printemps”
di sua proprietà e, per stimolare le sinapsi cerebrali, percorrevo a grandi
passi i boulevard e le petit rues che incrociavano l’arteria principale. Ad un
certo punto svoltai in Rue du Bac per fermarmi da “Eric Kayser” per una veloce
baguette al Camembert, ma il subitaneo appagamento del gusto e della fame non riuscirono
a distrarmi dai miei pensieri. Ripresi il mio peripatetico girovagare e, senza
rendermene conto, imboccai Rue de Verneuil. Guardando il marciapiede, perso nei
miei pensieri, superai la Galleria d’Arte di Yumi Kameyama, che avevo visitato
il giorno prima attirato dalla frase di Fellini esposta come motto esplicativo
di una esposizione di pittori figurativi contemporanei: “Tout l’art est
autobiographique; la perle est l’autobiographie de l’huitre.”, e mi diressi
verso il lungo Senna. Pensavo che niente mi potesse distrarre dall’immaginario
contradittorio con il mio prossimo eventuale cliente, quando una forza agganciò
la mia spalla trattenendomi. Niente di fisico, ma subii una magnetica
fascinazione che rallentò i miei passi e mi fece rivolgere lo sguardo verso la
vetrina di un piccolo rigattiere che, senza rendermene conto, avevo appena
superato. Volsi lo sguardo e, fra le tante cianfrusaglie, vidi una piccola
statuina di porcellana bianca raffigurante un Buddha seduto e sorridente. Sarà
stata alta una decina di centimetri e, con il suo candido colore, spiccava tra
gli altri policromi biscuit. Aveva arpionato il mio girovagare e sembrava
volermi dire qualcosa. Entrai nella bottega. Era come se fossi stato scelto da
una innamorata che implorava di farmi suo: non potevo non possedere quell’oggetto.
Dopo una breve contrattazione, lasciai al vecchio ed astuto negoziante una
cifra sproporzionata per accaparrarmi la statuetta, ed uscii tenendo in mano un
sacchetto che, nella mia immaginazione, come la lampada di Aladino, conteneva
una fatata entità. Mi affrettai verso la mia camera d’albergo per poter
scartare il mio recente acquisto e cercare di capire cosa tanto mi piacesse nel piccolo blanc de chine. Quando fui al cospetto del piccolo Buddha capii. I gradi lobi
simbolo di saggezza, le mani rivolte verso il cielo e la terra come unione tra
la materialità e la spiritualità, ma soprattutto l’espressione di saggia serenità
superiore agli affanni quotidiani, mi illuminarono. Il giorno dopo incontrai monsieur
Arnoux forte della serenità che quella statuina mi aveva ispirato. Nella mia presentazione, sentendomi illuminato, o forse illuso di esserlo,
seppi trasmettergli una tanto affidabile sensazione di consapevolezza nelle
nostre qualità, che lo convinsi a comprare qualche centinaio di capi da proporre
nei suoi Grandi Magazzini. Serenità, fiducia, determinazione ed azzeramento
dell’ansia sono la strada per il raggiungimento di ogni obiettivo. Che poi
queste predisposizioni siano raggiunte con la meditazione trascendentale, con i
fiori di Bach o con una matura convinzione...poco importa.
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