Fra qualche
giorno sarà il mio compleanno. Quanti ne compirò? Bah, se ne può discutere. Se
il tempo è relativo, gli anni sono elastici e se il calendario è una
convenzione, ci sono molti modi per calcolare lo scorrere dei giorni. Potrei orientarmi
come gli Indiani d’America e contare le Lune che passano. Se dessi retta agli
antichi Maya avrei l’opzione tra il calendario “sacro” di 260 giorni o quello
comune dei soliti 365. Forse potrei dare retta agli Ebrei che distinguono gli
anni tra “comuni” e “embolismici”, con durate differenti, e fanno iniziare il
giorno al tramonto del sole, ovvero convenzionalmente alle 18. Per me andrebbe
benissimo visto che io prediligo vivere di notte e alla mattina mordo chi
incontro prima delle nove. Volendo essere sofisticato, avrei l’imbarazzo della
scelta tra il copto, l’etiopico, il cinese, l’iraniano e così via. Ma diciamo
che, ligio ai dettami di Santa Madre Chiesa, dò retta a quanto codificato da
Papa Gregorio e prendo per buono il banalissimo almanacco stilato dal Santo
Padre ed al quale si sono tutti conformati. Però anche così non posso rispondere
alla domanda iniziale di sapere quanti anni ho. Dipende a che ora mi viene
posta la questione. Alle otto, quando mi alzo dal letto risvegliandomi con un
assortimento vario di dolori e malesseri, che vanno dalla botta della strega
all’emicrania, direi che ho 85 anni. Dopo, al lavoro, riscendo verso la
cinquantina con la necessaria dose di energia e concentrazione. Nella pausa
post prandiale, quando voluttuosamente mi abbandono ad una sana pennichella, mi
accartoccio sotto al plaid e mi sento come un neonato nella culla. Salvo che non
vada a giocare a tennis. In tal caso mi succede di essere schizofrenico, con
due identità. Quella nascosta e velleitaria che mi dice che farò una
prestazione da trentenne, l’altra, vera ed evidente a tutti, che mi accomuna ai
residenti di Villa Arzilla. Il pomeriggio direi che oscillo tra i quaranta ed i
cinquantacinque, dipende dalle grane lavorative. La sera: il riscatto. Come
immerso nella vasca di Cocoon, assorbo l’energia dell’universo e mi scrollo di
dosso gli anni come un grosso cagnolone rientrando da una passeggiata sotto la
pioggia. Fosse per me, e fosse un’attività un po’ meglio retribuita, farei il
guardiano notturno, girando per la città a mettere bigliettini nelle
saracinesche pensando e divertendomi fino all’alba. In quelle ore sono disposto
a sfidare un venticinquenne su chi è pronto per un ultimo bicchiere in
compagnia o per andare a prendere un cornetto caldo, appena sfornato. La cosa brutta
è che torna la mattina e, come sopra descritto, mi tornano indietro tutti i
lustri vissuti maggiorati di una quantità direttamente proporzionale al bagordo
notturno. Quindi, quale momento prendere come riferimento per sapere quanti anni
ho? In realtà non mi voglio rispondere per non rischiare di avvicinarmi a
quella cifra che sta scritta sulla carta d’identità. E maledette le candeline
sulla torta!
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