Le ragazze
facevano parte della seconda quindicina di quel mese. Erano tre e si stavano
trasferendo dalla casa di madame Rita, a Bologna, in quella molto più grande e
rinomata di madame Fiordaliso a Firenze. Il viaggio, nella seconda classe di un
treno regionale, non si presentava lungo né particolarmente disagevole. Anzi,
siccome le giovani donne si erano ritrovate già altre volte a lavorare nello
stesso locale, le quasi due ore di tragitto erano cominciate in maniera
scanzonata e divertente, come una gita scolastica per alunne un po’ fuori
corso. Avevano preso uno scompartimento in una della carrozze di testa del
treno, quella più vicina alla prima classe, e si erano accomodate sistemando i
loro bagagli sulla retina sopra i sedili. I posti a sedere nella cabina erano sei,
ma ancora poco prima di partire, non era salito nessun altro oltre a loro tre.
-Speriamo di
restare sole, così saremo libere di parlare come vogliamo. – Disse quella dai
capelli rossi. La chiamavano “la colonnella” perché, come spesso è associato
alla capigliatura fulva, aveva un carattere deciso e volitivo e non disdegnava
di usare il frustino durante gli incontri riservati.
Mo’ ben! –
Le rispose una delle compagne che ancora si stava affannando per riporre un
valigione che sembrava pesantissimo. Il bagaglio era sproporzionato in
confronto alla donna che sembrava quasi una bambina paffutella. Il nome di
battaglia era: “la scolara” perché sfruttava la sua apparenza per vestirsi
spesso da allieva delle suore, con tanto di grembiulino e fiocco al collo. I
clienti sembravano apprezzare molto la combinazione della divisa scolastica con
la biancheria intima audace, e lei era sempre richiestissima.
-Io mi siedo
accanto al finestrino! – Intervenne l’altra compagna che sembrava uscita da un
quadro di Renoir. Bella rubizza ed in carne, alta e generosa di seno, sembrava
il ritratto della salute. Faceva pensare ai campi di grano al latte caldo ed
alla sana vita contadina. Era rassicurante e materna e, specialmente gli uomini
piccoli ed insicuri, adoravano perdersi tra le sue braccia forti e morbide come
quelle materne. Ovviamente, quando veniva scelta, rispondeva al soprannome de
“la mamma”.
Generalmente
non c’erano problemi lungo il percorso del treno, ma lo scavalcamento degli
Appennini presentava sempre delle incognite, specialmente d’inverno. Non era
infrequente che la neve bloccasse gli scambi o che i binari fossero ostruiti da
qualche slavina o da ostacoli portati dal maltempo. In quei casi si rimaneva
bloccati, a volte per delle ore, fintanto che la natura non avesse finito di
sfogarsi o i responsabili delle ferrovie avessero trovato un rimedio. Ma una
cosa era certa: in ogni stagione e con qualsiasi tempo, la locomotiva sarebbe
partita in perfetto orario, su questo il regime non transigeva.
-Dai, dai
che mancano cinque minuti e nessun’altro è venuto nel nostro scompartimento. –
disse la colonnella, con la speranza di poter restare tra di loro amiche.
-Mi dispiace
deluderti cara, ma sembra proprio che quella signorina che è passata adesso nel
corridoio stia cercando il suo posto. Ci scommetto che sta con noi. E poi,
guarda il cartellino di prenotazione sopra la poltrona, qualcuno deve venire
certamente. – La mamma non aveva torto poiché la giovane donna, che prima era
transitata gettando uno sguardo un po’ smarrito all’interno del loro scompartimento,
adesso si era affacciata e faceva capoccella dalla porta a vetri.
-E’
permesso? – disse la nuova venuta – Non per disturbare, ma credo di avere quel
posto.
-Mo venga
pure avanti, cara. La si accomodi pure, va là! Senza complimenti, che
c’entriamo, bel belle, tutte quante. Vero signorine?
-Certamente.
- Rispose a nome delle altre la scolara. –Ha comprato il biglietto ed il sedile
è suo. – Le amiche fecero buon viso alla nuova venuta, anche se adesso il
viaggio sarebbe stato meno divertente dovendo ognuna tenere per sé i vari
racconti aneddoti e pettegolezzi piccanti legati alla loro comune attività. La
nuova venuta era una giovine distinta, alta, forse un po’ androgina, con un
cappotto di panno nero bordato, al collo ed ai polsi, da una folta pelliccia in
tinta. La sua agiatezza era evidenziata anche dalla bella borsa intonata alla
scarpe che sembravano nuove e lucidissime. Il tutto era completato da un
cappellino che certo non serviva a riparare dal freddo, ma solo come complemento
alla “mise”. La silhouette magra e slanciata mostrava tratti d’eleganza ed il
viso, d’un ovale perfetto, sarebbe stato bene a qualsiasi madonnina dipinta.
Portava con sé solamente un borsone di morbida nappa che doveva contenere poche
cose e che buttò, con noncuranza su uno dei sedili liberi.
-Vuole una
mano? – Si propose la mamma.
-No, grazie.
Fò da me. – Le ragazze si guardarono l’un l’altra: avevano già capito il tipo.
Presero tutte posto ed il capostazione fischiò liberando la potenza della locomotiva
che, sbuffando e tossendo, cominciò a tirare il suo carico. Il tempo passava
lentamente ed il rumore monotono delle ruote sulle rotaie conciliava il sonno
delle passeggere. Il paesaggio, man mano che si addentravano nell’entroterra
cambiava i colori perdendo il rosso delle foglie d’autunno per diventare grigio
come il freddo dell’inverno. Dopo un po’ si incominciarono a vedere anche
macchie di neve che, con l’avvicinarsi delle montagne, diventarono sempre più
estese. Il riscaldamento, dentro la carrozza, andava al massimo ma, come spesso
capitava, il caldo soffio che arrivava dal radiatore sotto la finestra si
scontrava con gli innumerevoli spifferi che filtravano dalle vecchie
guarnizioni e col freddo che entrava dal corridoio. In definitiva quel po’ di
calore non serviva quasi a niente, e la temperatura interna era solo di poco
più alta di quella al di fuori.
-Brrr,
ragazze incomincia a fare freddo sul serio. – Disse la scolara stringendosi nel
cappotto e soffiando dentro le mani giunte per favorire la circolazione.
- Già, e
incomincio anche ad avere un po’ d’appetito. Colonnella, cosa abbiamo nella
sporta delle provviste?
-Certo, cara
la mia mamma, che se stessi un po’ a digiuno, non ti farebbe male di certo.
-Oh bellina,
io piaccio così. E poi ho fame: tira fuori, dai! – La donna, incitata dalle
amiche, prese il paniere in vimini e ne cavò ogni ben di Dio posandolo sul
sedile. Poi prese il cestino e lo capovolse posandolo sul pavimento. Sul fondo,
rivolto verso l’alto, stese un grande tovagliolo a quadretti come fosse una
tovaglia, e su questo dispose piattini e bicchieri per tre.
-Mi scusi
signorina, vuol favorire con noi? – Con la massima creanza la colonnella si
rivolse all’ultima entrata.
-No, grazie.
Sto bene così. – Queste furono le parole che elegantemente pronunciò l’interpellata,
ma contrastavano in maniera evidente con l’espressione del suo viso. Infatti
sembrava che la donna, vedendo bene sciorinate sul cuscino di fronte a lei le
frustine di pane, un paio di fiaschi e svariati promettenti contenitori, stesse
quasi scivolando in una sorta di deliquio.
-Signorina,
cosa le succede? Si sente male?
-Non vi
preoccupate, è solo che sono dovuta partire in fretta. Ho assistito un amico
per tutta la notte e non ho avuto il tempo di mangiare. Mi gira un pochino la
testa, forse sarà un po’ di debolezza.
-Ed allora
cosa sta aspettando? Non faccia sciocchi complimenti e favorisca senza perder
tempo. La prego.
-Non so come
ringraziarvi. Accetto volentieri il vostro cortese invito, se non disturbo. –
La mamma interruppe tutti quei convenevoli e, con una cordiale risata, aprì le
scatolette, tagliò il formaggio ed il salame, spezzò il pane ed, in men che non
si dica, allestì un vero e proprio banchetto per tutt’e quattro. Il cibo ed il
vino alzarono la pressione sanguigna provocando nelle donne vampate di calore e
l’allentamento di ogni riguardo. Anche la nuova conoscente si riprese in fretta
e si sciolse dal suo riserbo.
-Sto mangiando
le vostre buone cose ma ancora non mi sono presentata, scusate. Mi chiamo
Amelia e viaggio spesso per lavoro e per diletto.
-E’ di
professione infermiera, visto che ci ha raccontato che la scorsa notte è stata
al capezzale di un suo conoscente?
-Beh,
diciamo che sono pagata per alleviare tante pene, e in questo senso mi
definisco una via di mezzo tra una suora ed un’infermiera. Ieri notte sono
stata chiamata per un servizio e devo confessare che ne sono uscita veramente
stremata. – Un largo sorriso accompagnò queste parole esaltando ancora
maggiormente la grazia della donna.
-Oh,
veramente meritorio. – Disse la scolara, tra i gesti d’approvazione delle altre
amiche. Il viaggio continuò in un crescendo di allegria favorita dal buon cibo
e dall’intimità che si era venuta a creare in quel bozzolo d’acciaio che
sfrecciava deciso verso la meta e che sembrava isolare le donne dal resto del
mondo. La stazione di Firenze Santa Maria Novella, da poco ristrutturata, era
ormai vicina e le donne incominciarono a prepararsi per scendere.
-Ragazze, a
noi ci viene a prendere il tuttofare di madame Fiordaliso. Prendete tutti i
bagagli e non dimenticate niente. E a te, Amelia, ti aspetta qualcuno?
-No, non
esattamente. Prenderò una vettura pubblica fuori dalla stazione.
-Ci dispiace
non poterti dare un passaggio, ma se tardiamo madame va su tutte le furie.
-Non vi
preoccupate. Siete già state tanto gentili con me ed è stata una piacevole
sorpresa incontrarvi. – Il treno si fermò tra sbuffi, fischi e stridii e le
donne, piene di bagagli, ancora chiacchierando e ridendo, scesero sulla
banchina.
-Ciao
Amelia, è stato un piacere conoscerti. – Disse la scolara asciugandosi una
lacrimuccia. Si sentiva molto triste per la separazione dalla nuova amica, ma
forse dipendeva dai troppi bicchieri di vino ai quali non aveva saputo
resistere.
-Anche per
me ragazze. Adesso vado, ciao a tutte e chissà…forse ci rivedremo. – Amelia si
incamminò svelta verso l’uscita con la solita andatura elegante che non mancò
di suscitare qualche sguardo ammirato dei maschi che incrociava. Sparì alla
loro vista e le ragazze si guardarono intorno per cercare l’inviato di madame.
-Eccolo
laggiù, fategli cenno! – Un ragazzetto affannato si accorse di loro e si
avvicinò di buon passo.
-Le
signorine di madame?
-Certo,
prendi le valige.
-Un momento.
– Disse il garzone – Ho una lettera per voi. A chi la consegno?
-Dai qua. – Disse
la colonnella strappando la busta dalle mani del giovanotto. La donna lacerò la
linguetta e, mentre procedeva con la lettura, le compagne videro il suo volto
assumere tutti i colori dell’arcobaleno.
-Puttana,
puttana e puttana! – Esclamò una volta finito di leggere.
-Chi? –
Chiesero in coro le altre due.
-Vi leggo
che cosa scrive madame: “Signorine, mi dispiace comunicarvi che ho annullato la
vostra quindicina. Il mio è un locale di classe, rivolto ad una clientela
raffinata, ed ho preferito assumere una ragazza che, come voi, viene da Bologna
ma mi dicono sia di un altro livello. Si chiama Amelia ed è rinomata per la sua
finezza e per i modi aristocratici che tanto piacciono ai miei clienti. Ma non
vi preoccupate, Pinuccio vi accompagnerà nella casa della signora Maria con la
quale ho già parlato. Certamente è di un livello più basso e frequentata prevalentemente
dal ceto operaio o da modesti impiegati, ma per voi andrà benone.
Distintamente, madame Fiordaliso.” Le ragazze confermarono:
-Puttana,
puttana!
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