sabato 17 settembre 2016

Amelia.

Le ragazze facevano parte della seconda quindicina di quel mese. Erano tre e si stavano trasferendo dalla casa di madame Rita, a Bologna, in quella molto più grande e rinomata di madame Fiordaliso a Firenze. Il viaggio, nella seconda classe di un treno regionale, non si presentava lungo né particolarmente disagevole. Anzi, siccome le giovani donne si erano ritrovate già altre volte a lavorare nello stesso locale, le quasi due ore di tragitto erano cominciate in maniera scanzonata e divertente, come una gita scolastica per alunne un po’ fuori corso. Avevano preso uno scompartimento in una della carrozze di testa del treno, quella più vicina alla prima classe, e si erano accomodate sistemando i loro bagagli sulla retina sopra i sedili. I posti a sedere nella cabina erano sei, ma ancora poco prima di partire, non era salito nessun altro oltre a loro tre.
-Speriamo di restare sole, così saremo libere di parlare come vogliamo. – Disse quella dai capelli rossi. La chiamavano “la colonnella” perché, come spesso è associato alla capigliatura fulva, aveva un carattere deciso e volitivo e non disdegnava di usare il frustino durante gli incontri riservati.
Mo’ ben! – Le rispose una delle compagne che ancora si stava affannando per riporre un valigione che sembrava pesantissimo. Il bagaglio era sproporzionato in confronto alla donna che sembrava quasi una bambina paffutella. Il nome di battaglia era: “la scolara” perché sfruttava la sua apparenza per vestirsi spesso da allieva delle suore, con tanto di grembiulino e fiocco al collo. I clienti sembravano apprezzare molto la combinazione della divisa scolastica con la biancheria intima audace, e lei era sempre richiestissima.
-Io mi siedo accanto al finestrino! – Intervenne l’altra compagna che sembrava uscita da un quadro di Renoir. Bella rubizza ed in carne, alta e generosa di seno, sembrava il ritratto della salute. Faceva pensare ai campi di grano al latte caldo ed alla sana vita contadina. Era rassicurante e materna e, specialmente gli uomini piccoli ed insicuri, adoravano perdersi tra le sue braccia forti e morbide come quelle materne. Ovviamente, quando veniva scelta, rispondeva al soprannome de “la mamma”.
Generalmente non c’erano problemi lungo il percorso del treno, ma lo scavalcamento degli Appennini presentava sempre delle incognite, specialmente d’inverno. Non era infrequente che la neve bloccasse gli scambi o che i binari fossero ostruiti da qualche slavina o da ostacoli portati dal maltempo. In quei casi si rimaneva bloccati, a volte per delle ore, fintanto che la natura non avesse finito di sfogarsi o i responsabili delle ferrovie avessero trovato un rimedio. Ma una cosa era certa: in ogni stagione e con qualsiasi tempo, la locomotiva sarebbe partita in perfetto orario, su questo il regime non transigeva.
-Dai, dai che mancano cinque minuti e nessun’altro è venuto nel nostro scompartimento. – disse la colonnella, con la speranza di poter restare tra di loro amiche.
-Mi dispiace deluderti cara, ma sembra proprio che quella signorina che è passata adesso nel corridoio stia cercando il suo posto. Ci scommetto che sta con noi. E poi, guarda il cartellino di prenotazione sopra la poltrona, qualcuno deve venire certamente. – La mamma non aveva torto poiché la giovane donna, che prima era transitata gettando uno sguardo un po’ smarrito all’interno del loro scompartimento, adesso si era affacciata e faceva capoccella dalla porta a vetri.
-E’ permesso? – disse la nuova venuta – Non per disturbare, ma credo di avere quel posto.
-Mo venga pure avanti, cara. La si accomodi pure, va là! Senza complimenti, che c’entriamo, bel belle, tutte quante. Vero signorine?
-Certamente. - Rispose a nome delle altre la scolara. –Ha comprato il biglietto ed il sedile è suo. – Le amiche fecero buon viso alla nuova venuta, anche se adesso il viaggio sarebbe stato meno divertente dovendo ognuna tenere per sé i vari racconti aneddoti e pettegolezzi piccanti legati alla loro comune attività. La nuova venuta era una giovine distinta, alta, forse un po’ androgina, con un cappotto di panno nero bordato, al collo ed ai polsi, da una folta pelliccia in tinta. La sua agiatezza era evidenziata anche dalla bella borsa intonata alla scarpe che sembravano nuove e lucidissime. Il tutto era completato da un cappellino che certo non serviva a riparare dal freddo, ma solo come complemento alla “mise”. La silhouette magra e slanciata mostrava tratti d’eleganza ed il viso, d’un ovale perfetto, sarebbe stato bene a qualsiasi madonnina dipinta. Portava con sé solamente un borsone di morbida nappa che doveva contenere poche cose e che buttò, con noncuranza su uno dei sedili liberi.
-Vuole una mano? – Si propose la mamma.
-No, grazie. Fò da me. – Le ragazze si guardarono l’un l’altra: avevano già capito il tipo. Presero tutte posto ed il capostazione fischiò liberando la potenza della locomotiva che, sbuffando e tossendo, cominciò a tirare il suo carico. Il tempo passava lentamente ed il rumore monotono delle ruote sulle rotaie conciliava il sonno delle passeggere. Il paesaggio, man mano che si addentravano nell’entroterra cambiava i colori perdendo il rosso delle foglie d’autunno per diventare grigio come il freddo dell’inverno. Dopo un po’ si incominciarono a vedere anche macchie di neve che, con l’avvicinarsi delle montagne, diventarono sempre più estese. Il riscaldamento, dentro la carrozza, andava al massimo ma, come spesso capitava, il caldo soffio che arrivava dal radiatore sotto la finestra si scontrava con gli innumerevoli spifferi che filtravano dalle vecchie guarnizioni e col freddo che entrava dal corridoio. In definitiva quel po’ di calore non serviva quasi a niente, e la temperatura interna era solo di poco più alta di quella al di fuori.
-Brrr, ragazze incomincia a fare freddo sul serio. – Disse la scolara stringendosi nel cappotto e soffiando dentro le mani giunte per favorire la circolazione.
- Già, e incomincio anche ad avere un po’ d’appetito. Colonnella, cosa abbiamo nella sporta delle provviste?
-Certo, cara la mia mamma, che se stessi un po’ a digiuno, non ti farebbe male di certo.
-Oh bellina, io piaccio così. E poi ho fame: tira fuori, dai! – La donna, incitata dalle amiche, prese il paniere in vimini e ne cavò ogni ben di Dio posandolo sul sedile. Poi prese il cestino e lo capovolse posandolo sul pavimento. Sul fondo, rivolto verso l’alto, stese un grande tovagliolo a quadretti come fosse una tovaglia, e su questo dispose piattini e bicchieri per tre.
-Mi scusi signorina, vuol favorire con noi? – Con la massima creanza la colonnella si rivolse all’ultima entrata.
-No, grazie. Sto bene così. – Queste furono le parole che elegantemente pronunciò l’interpellata, ma contrastavano in maniera evidente con l’espressione del suo viso. Infatti sembrava che la donna, vedendo bene sciorinate sul cuscino di fronte a lei le frustine di pane, un paio di fiaschi e svariati promettenti contenitori, stesse quasi scivolando in una sorta di deliquio.
-Signorina, cosa le succede? Si sente male?
-Non vi preoccupate, è solo che sono dovuta partire in fretta. Ho assistito un amico per tutta la notte e non ho avuto il tempo di mangiare. Mi gira un pochino la testa, forse sarà un po’ di debolezza.
-Ed allora cosa sta aspettando? Non faccia sciocchi complimenti e favorisca senza perder tempo. La prego.
-Non so come ringraziarvi. Accetto volentieri il vostro cortese invito, se non disturbo. – La mamma interruppe tutti quei convenevoli e, con una cordiale risata, aprì le scatolette, tagliò il formaggio ed il salame, spezzò il pane ed, in men che non si dica, allestì un vero e proprio banchetto per tutt’e quattro. Il cibo ed il vino alzarono la pressione sanguigna provocando nelle donne vampate di calore e l’allentamento di ogni riguardo. Anche la nuova conoscente si riprese in fretta e si sciolse dal suo riserbo.
-Sto mangiando le vostre buone cose ma ancora non mi sono presentata, scusate. Mi chiamo Amelia e viaggio spesso per lavoro e per diletto.
-E’ di professione infermiera, visto che ci ha raccontato che la scorsa notte è stata al capezzale di un suo conoscente?
-Beh, diciamo che sono pagata per alleviare tante pene, e in questo senso mi definisco una via di mezzo tra una suora ed un’infermiera. Ieri notte sono stata chiamata per un servizio e devo confessare che ne sono uscita veramente stremata. – Un largo sorriso accompagnò queste parole esaltando ancora maggiormente la grazia della donna.
-Oh, veramente meritorio. – Disse la scolara, tra i gesti d’approvazione delle altre amiche. Il viaggio continuò in un crescendo di allegria favorita dal buon cibo e dall’intimità che si era venuta a creare in quel bozzolo d’acciaio che sfrecciava deciso verso la meta e che sembrava isolare le donne dal resto del mondo. La stazione di Firenze Santa Maria Novella, da poco ristrutturata, era ormai vicina e le donne incominciarono a prepararsi per scendere.
-Ragazze, a noi ci viene a prendere il tuttofare di madame Fiordaliso. Prendete tutti i bagagli e non dimenticate niente. E a te, Amelia, ti aspetta qualcuno?
-No, non esattamente. Prenderò una vettura pubblica fuori dalla stazione.
-Ci dispiace non poterti dare un passaggio, ma se tardiamo madame va su tutte le furie.
-Non vi preoccupate. Siete già state tanto gentili con me ed è stata una piacevole sorpresa incontrarvi. – Il treno si fermò tra sbuffi, fischi e stridii e le donne, piene di bagagli, ancora chiacchierando e ridendo, scesero sulla banchina.
-Ciao Amelia, è stato un piacere conoscerti. – Disse la scolara asciugandosi una lacrimuccia. Si sentiva molto triste per la separazione dalla nuova amica, ma forse dipendeva dai troppi bicchieri di vino ai quali non aveva saputo resistere.
-Anche per me ragazze. Adesso vado, ciao a tutte e chissà…forse ci rivedremo. – Amelia si incamminò svelta verso l’uscita con la solita andatura elegante che non mancò di suscitare qualche sguardo ammirato dei maschi che incrociava. Sparì alla loro vista e le ragazze si guardarono intorno per cercare l’inviato di madame.
-Eccolo laggiù, fategli cenno! – Un ragazzetto affannato si accorse di loro e si avvicinò di buon passo.
-Le signorine di madame?
-Certo, prendi le valige.
-Un momento. – Disse il garzone – Ho una lettera per voi. A chi la consegno?
-Dai qua. – Disse la colonnella strappando la busta dalle mani del giovanotto. La donna lacerò la linguetta e, mentre procedeva con la lettura, le compagne videro il suo volto assumere tutti i colori dell’arcobaleno.
-Puttana, puttana e puttana! – Esclamò una volta finito di leggere.
-Chi? – Chiesero in coro le altre due.
-Vi leggo che cosa scrive madame: “Signorine, mi dispiace comunicarvi che ho annullato la vostra quindicina. Il mio è un locale di classe, rivolto ad una clientela raffinata, ed ho preferito assumere una ragazza che, come voi, viene da Bologna ma mi dicono sia di un altro livello. Si chiama Amelia ed è rinomata per la sua finezza e per i modi aristocratici che tanto piacciono ai miei clienti. Ma non vi preoccupate, Pinuccio vi accompagnerà nella casa della signora Maria con la quale ho già parlato. Certamente è di un livello più basso e frequentata prevalentemente dal ceto operaio o da modesti impiegati, ma per voi andrà benone. Distintamente, madame Fiordaliso.” Le ragazze confermarono:
-Puttana, puttana!







Nessun commento:

Posta un commento