E finalmente decise di partire. Ci pensava da molto e mille
volte l’aveva programmato nella sua mente, ma non si era mai convinto a fare il
primo passo. Ma quella volta era sicuro, niente l’avrebbe fermato. Aveva
sognato di andare, come nelle canzoni o nelle poesie, prendendo la strada con
il sole negli occhi e senza voltarsi indietro, privo di una meta ma sicuro di
trovare quello che stava cercando, senza sapere neanche cosa fosse. La vita l’aveva
trattenuto, non di certo contro la sua volontà ma anzi consapevole delle scelte
che stava facendo, e quella voglia di spiccare il volo l’aveva sempre
rintuzzata, rinnegata e riposta tra le aspirazioni impossibili o le pazzie
sulle quali scherzare. Ma un certo giorno si era incontrato nello specchio del
bagno e si era fissato negli occhi, evitando di schivarsi per il quieto vivere.
Si accorse che era un esercizio pericoloso: ci vuole forza per scivolare nella
propria anima e coraggio per vedersi come si è, senza falsa indulgenza. Stette
un certo tempo a rimirare il proprio volto, come stupito nello scorgere un
estraneo che rimandava le sue stesse smorfie, poi si riscosse e prese la
decisione: “Vado!” Non era una fuga e neanche un’evasione, non ce n’era motivo.
Non si sentiva costretto né in trappola, ma solo non totalmente libero. Ecco la
parola: “libertà”. Voleva assaporare quella sensazione di pienezza e solitudine
che immaginava provassero le aquile volando sopra i picchi o i folli correndo
per le colline. Non per sempre, forse neanche per molto tempo ma solo per poco,
sentire l’ebbrezza di correre sul filo del pericolo, con l’incoscienza di un
motociclista lanciato su un rettilineo d’asfalto che non importa dove conduca. Accese
quindi il computer per programmare il percorso. Sicuramente verso nord, dove
gli spazi sono sfumati da nebbie e gli estranei si ritrovano in locande fumose
e vocianti sparse per le campagne sempre verdi. Al sud riteneva facesse troppo
caldo ed anche la gente era troppo calorosa, mentre lui non voleva rinunciare
alla propria solitudine. Sarebbe stata l’occasione per fare il punto sulla
propria vita e conoscersi un po’ meglio. Avrebbe preso le distanze dalla sua
esistenza e forse, da lontano, avrebbe capito qualcosa di quella strana giostra
sulla quale si trovava a girare ogni giorno, o almeno così sperava. E poi, al
termine di una giornata di viaggio, si sarebbe seduto sulla balaustra fuori
dalla sua camera guardando il tramonto e, di fronte a nessuno, avrebbe tirato
fuori tutto quello che aveva sepolto dentro di sé, ed avrebbe pianto o forse
riso a crepapelle. Sarebbe andato con l’auto, senza prenotare da nessuna parte
e sperava solo che il serbatoio fosse sufficientemente capiente per portarlo
lontano, tanto lontano quanto desiderava andare. Doveva fare una vigliaccata, per
non ripensarci, ed una domenica mattina, di buon’ora, si chiuse dietro la porta
cercando di non svegliare nessuno. Accese il motore, tirò giù la capote dello
spider, e partì verso la Flaminia e poi, forse, l’Emilia e poi: chissà. Infornò
un cd di vecchie canzoni… ed il diavolo ci mise la coda. Le maledette note portarono
i ricordi, le immagini, le sensazioni e la nostalgia, ed i chilometri percorsi
sembravano petali di un margherita che man mano, cadendo, toglievano tutto il
fascino ed il profumo al fiore dell’illusione. Si chiese il perché e se fosse
giusto, o se ne valesse la pena, specialmente quella che forse avrebbe
provocato in chi gli voleva bene. Sorrise di se stesso, ed a Orte fece l’inversione
di marcia. A casa dormivano ancora tutti, ed anche lui si rimise a letto
riprendendo a sognare quel sogno che rimase meraviglioso perché non vissuto.
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