lunedì 17 ottobre 2016

Il Viaggio

E finalmente decise di partire. Ci pensava da molto e mille volte l’aveva programmato nella sua mente, ma non si era mai convinto a fare il primo passo. Ma quella volta era sicuro, niente l’avrebbe fermato. Aveva sognato di andare, come nelle canzoni o nelle poesie, prendendo la strada con il sole negli occhi e senza voltarsi indietro, privo di una meta ma sicuro di trovare quello che stava cercando, senza sapere neanche cosa fosse. La vita l’aveva trattenuto, non di certo contro la sua volontà ma anzi consapevole delle scelte che stava facendo, e quella voglia di spiccare il volo l’aveva sempre rintuzzata, rinnegata e riposta tra le aspirazioni impossibili o le pazzie sulle quali scherzare. Ma un certo giorno si era incontrato nello specchio del bagno e si era fissato negli occhi, evitando di schivarsi per il quieto vivere. Si accorse che era un esercizio pericoloso: ci vuole forza per scivolare nella propria anima e coraggio per vedersi come si è, senza falsa indulgenza. Stette un certo tempo a rimirare il proprio volto, come stupito nello scorgere un estraneo che rimandava le sue stesse smorfie, poi si riscosse e prese la decisione: “Vado!” Non era una fuga e neanche un’evasione, non ce n’era motivo. Non si sentiva costretto né in trappola, ma solo non totalmente libero. Ecco la parola: “libertà”. Voleva assaporare quella sensazione di pienezza e solitudine che immaginava provassero le aquile volando sopra i picchi o i folli correndo per le colline. Non per sempre, forse neanche per molto tempo ma solo per poco, sentire l’ebbrezza di correre sul filo del pericolo, con l’incoscienza di un motociclista lanciato su un rettilineo d’asfalto che non importa dove conduca. Accese quindi il computer per programmare il percorso. Sicuramente verso nord, dove gli spazi sono sfumati da nebbie e gli estranei si ritrovano in locande fumose e vocianti sparse per le campagne sempre verdi. Al sud riteneva facesse troppo caldo ed anche la gente era troppo calorosa, mentre lui non voleva rinunciare alla propria solitudine. Sarebbe stata l’occasione per fare il punto sulla propria vita e conoscersi un po’ meglio. Avrebbe preso le distanze dalla sua esistenza e forse, da lontano, avrebbe capito qualcosa di quella strana giostra sulla quale si trovava a girare ogni giorno, o almeno così sperava. E poi, al termine di una giornata di viaggio, si sarebbe seduto sulla balaustra fuori dalla sua camera guardando il tramonto e, di fronte a nessuno, avrebbe tirato fuori tutto quello che aveva sepolto dentro di sé, ed avrebbe pianto o forse riso a crepapelle. Sarebbe andato con l’auto, senza prenotare da nessuna parte e sperava solo che il serbatoio fosse sufficientemente capiente per portarlo lontano, tanto lontano quanto desiderava andare. Doveva fare una vigliaccata, per non ripensarci, ed una domenica mattina, di buon’ora, si chiuse dietro la porta cercando di non svegliare nessuno. Accese il motore, tirò giù la capote dello spider, e partì verso la Flaminia e poi, forse, l’Emilia e poi: chissà. Infornò un cd di vecchie canzoni… ed il diavolo ci mise la coda. Le maledette note portarono i ricordi, le immagini, le sensazioni e la nostalgia, ed i chilometri percorsi sembravano petali di un margherita che man mano, cadendo, toglievano tutto il fascino ed il profumo al fiore dell’illusione. Si chiese il perché e se fosse giusto, o se ne valesse la pena, specialmente quella che forse avrebbe provocato in chi gli voleva bene. Sorrise di se stesso, ed a Orte fece l’inversione di marcia. A casa dormivano ancora tutti, ed anche lui si rimise a letto riprendendo a sognare quel sogno che rimase meraviglioso perché non vissuto.   

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