-Ascolta cosa
è scritto sulla Wiener Zeitung di oggi: “Di questi tempi nessuno ha voglia di
calpestare il lucido parquet delle sale da ballo con uno stato d’animo leggero
e gioioso, ma tutti vivono nella speranza di un futuro migliore.” –Johann Strauss
sembrava furente mentre con una mano sventolava la gazzetta sotto al naso del
fratello Josef.
-Non è
possibile che Vienna, la capitale dell’Impero, sia ridotta come una cittadina
di provincia, depressa e avvilita.
-Ma caro
fratello, è più che comprensibile. – Josef era il minore dei due, ma il suo
carattere riflessivo e pacato lo portava di frequente a placare le intemperanze
del primogenito, spesso oscillante tra improvvisi scoppi d’ira e languidi
abbandoni. –Solo pochi mesi fa la nostra armata è stata sbaragliata a Königgrätz
con migliaia fra morti dispersi e prigionieri. Senza contare l’umiliazione che
il maledetto imperatore di Prussia Guglielmo è riuscito ad infliggere ai nostri
comandanti. Come puoi pensare che il prossimo carnevale venga festeggiato con l’allegria
di sempre? – Si era nei primi mesi del 1867 e le abbondanti nevicate avevano
chiuso la città in una morsa di gelo e di tristezza. I reduci tornavano dal
fronte, ma la situazione politica era ancora incerta dopo la sconfitta.
-Sì, certo,
mi rendo conto, ma mi piange il cuore nel vedere la nostra brava gente che
quasi non sorride più. Girando per le vie non si parla d’altro che di miserie,
ed il pessimismo sembra essersi impadronito di ogni anima. Figurati che hanno
anche annullato tutti i balli in programma e qualsiasi festeggiamento fino a
nuovo ordine.
-Lo posso
facilmente capire. Anche il nostro re Ferdinando si rende ben conto della situazione
e pare che abbia fatto pervenire alla Corporazione delle Arti un messaggio per
incitare gli iscritti ad adoperarsi per risollevare l’umore della popolazione.
-Vedi?
Dobbiamo fare la nostra parte! – Johann scaraventò il giornale sul pavimento e,
come in preda ad un raptus creativo, cominciò a percorrere avanti ed indietro
la stanza con lunghi passi. In realtà le falcate non potevano essere più di quattro
o cinque, in un senso e nell’altro, ma l’uomo non sembrava avvedersi delle mura
e continuava la sua cavalcata come se fosse in uno spazio aperto.
-Calmati, -
lo esortò Josef – è rimasto in programma il Ballo “Hesperus” che si
dovrebbe tenere alla Dianabad-Saal il diciotto febbraio prossimo. Quella
potrebbe essere l’occasione per presentarci con una nuova composizione, nello
spirito di quanto indicato dall’Imperatore.
-Ottimo. Al
lavoro, dunque! – I fratelli Strauss erano tra i musicisti più rinomati, ed
ogni loro creazione veniva accolta con entusiasmo sia negli ambienti della nobiltà
che tra il popolino. Bastavano poche esecuzioni per ritrovare sulla bocca dei
viennesi le strofe ed i ritornelli di ogni melodia suonata solo poco tempo
prima. In particolare i valzer di Johann sembravano contagiare, come una rapida
febbre, sia le grandi orchestre sinfoniche che le bande di provincia, spargendo
un po’ di quella gioia di vivere per la quale andava famosa l’Austria Felix di
metà ottocento. Il genio degli Strauss, sollecitato dalla particolarità del
momento, non tardò a partorire due capolavori che poi resteranno come emblema
di quel periodo storico. Il quindici febbraio 1867 fu eseguito per la prima
volta “An der schönen blauen Donau” (il bel Danubio blu) e tre giorni dopo, in
occasione dell’Hesperus, lo stesso Johann Strauss diresse il valzer “Künstlerleben”
(vita d’artista) con un successo travolgente.
Dio creò il
tuono per spaventare gli uomini, ma donò la musica per consolarli.
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