venerdì 23 aprile 2021

Al di là dello specchio

 


La sera era stanco. Dopo un po’ di televisione gli veniva una sorta di torpore nervoso che non si tramutava in sonno ma gli impediva di occupare la mente con letture impegnate. Aveva iniziato almeno una mezza dozzina di libri sperando che una trama avvincente vincesse la fatica di prestare l’attenzione dovuta, ma poi li aveva lasciati tutti sul comodino con un’orecchia sulla pagina a segnare dove aveva decretato la propria resa. Però in qualche maniera doveva scavallare il crinale dell’insonnia per scivolare nell’incoscienza di sonni sempre agitati, e allora si rivolse a quell’infida finestra sul mondo che con pochi comandi digitali catapulta ovunque, anche dove non si è preparati ad andare: Il computer. Strumento pericolosissimo, subdolo alter ego di false identità, amicizie farlocche e notizie nate per confondere. Però dipende da come lo si usa, si dice, facendo il paragone col coltello che può ferire una mano o tagliare il pane a secondo delle intenzioni, ma non è corretto. Il coltello, infatti, non possiede alcun fascino. Lo si può fissare a lungo e, tranne che per Uri Geller, non si muove, non dice niente, annoia. Invece nel momento in cui s’illumina lo schermo di un pc sembra di attraversare lo specchio di Alice. Improvvisamente si viene a contatto con l’universo, non si sa quanto reale, ma sicuramente colorato e coinvolgente. Si naviga, e già solo questo termine affascina facendo supporre avventure per i sette mari, lontano dalla scrivania come corsari nel web. Interessa qualcosa? Pronti: musica, gossip, scienza o donnine? Tutto “a disposizione”, come diceva Totò in un film che non a caso parlava di truffe. E allora, imprudenti e audaci come mai, si va, sapendo di poter sempre premere il tasto che spenge tutto, salvagente che all’occorrenza trascina fuori dal gorgo cancellando sirene e cantastorie.

Così anche lui cominciò a leggere le notizie on line, ascoltare vecchie canzoni e vedere qualche frammento di spettacoli che si era perso in televisione. Sui “social” non si divertiva, non sapeva mai cosa dire e si sentiva un po’ come un avventore seduto al bancone di un bar che guarda altre persone discutere sedute ad un tavolino dove lui non era stato invitato. Qualche “like” qua e là, ma ne usciva presto. Una sera vide: burraco on line, e volle provare. A volte, alla domenica, faceva una partita con gli amici e, anche se non era un campione, vinceva di frequente con una soddisfazione spropositata all’importanza della competizione. Fece correttamente tutte le manovre per essere accreditato ed entrò nel sito. La prima partita da “farfalla” fu veloce e vincente e così anche la seconda e le seguenti, mentre il suo status passava da “lupo” a “pantera” fino ad arrivare a “drago”. A quel punto venne catturato dalla smania di giocare e dal prestigio di una classifica che non aveva mai raggiunto in nessun altra attività della sua vita. La sporadica partitina delle prime sere divenne in breve un appuntamento quasi obbligato. Come in tutti i giochi dove entra la fortuna, a volte perdeva, ma continuava a giocare fino a rifasi guadagnando altri gradini verso la vetta di una graduatoria forse senza fine. Lasciando il computer a notte fonda, andava a letto soddisfatto, come se avesse veramente vinto una gara sportiva o fatto bene un lavoro. Si organizzò: un bicchiere dall’altra parte del mouse con due dita di quello buono, una luce soffusa e un po’ di musica in cuffia e, dopo aver scrocchiato le dita, si buttava nella mischia. Appena il programma distribuiva le carte, dimenticava le rogne dell’ufficio, i problemi in famiglia e le bollette sul tavolo dell’ingresso sentendosi finalmente realizzato dall’alto del suo prestigioso avatar del quale era orgoglioso come fosse stato un blasone nobiliare. Divenne esperto ed a fronte di poche inevitabili sconfitte, inanellava lunghe serie di vittorie con un numero maggiore di punti al suo attivo e la voglia di continuare ancora ed ancora.

Andava a dormire sempre più tardi e la mattina faticava ad alzarsi per andare al lavoro. Il viso segnato da occhiaie perenni mostrava di frequente un’espressione stolida ed assente, si sentiva stanco e privo d’interesse, in attesa di tornare alla sera davanti al computer. Dopo qualche tempo fu richiamato dai suoi capi e poi, inevitabilmente, licenziato, ma non fu un dramma. Possedeva una piccola rendita che gli avrebbe consentito di sopravvivere e quindi, sollevato nel lasciare un’attività che gli serviva solo per decenza, si rifugiò in casa. Espletò i piccoli riti propedeutici e propiziatori e sedette alla sua postazione di battaglia. Cominciò a giocare e non si fermò più. Si concedeva brevi pause solo per qualche necessità fisiologica, ma poi tornava innanzi allo schermo prendendo parte a qualche altro tavolo virtuale. Non curava più la sua persona e l’aspetto trasandato ben s’intonava con gli occhi dall’espressione spiritata. Deperiva, tra sacchetti di patatine, bibite gassate ed altro cibo che non richiedeva la perdita di tempo per cucinarlo, ma la sua graduatoria saliva inesorabilmente. Sul sito non era scritto quale fosse il gradino più alto e per lui non era mai abbastanza.

Lo ritrovarono accasciato sulla tastiera mentre lo schermo del computer mandava lampi con la scritta: “Complimenti campione! Sei il primo in classifica.” Morì da vincitore, col sorriso sulle labbra e l’animo in pace. Fu meglio di quanto successe a Napoleone ed in fondo non fu una brutta fine.


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