Lo so: sembra l’inizio di un film visto decine di volte,
eppure è tutto vero. Avevo circa sette o otto anni e, in un noioso e solitario
pomeriggio, andai in soffitta che, essendo grande e piena di scatoloni e cianfrusaglie,
riservava sempre qualche sorpresa. Scoperchiai un baule a caso. Trovai qualche
vecchio vestito, delle scatole con quaderni e diari di scuola, forse dei miei
fratelli più grandi, e molti libri. I più belli erano illustrati a colori come
gli Atlanti Geografici e, particolarmente affascinanti, i Planetari con la
mappa del cielo e le costellazioni. Altri erano dizionari, volumi spaiati di
enciclopedie e poi c’erano diversi romanzi per ragazzi. Uno di questi attirò la
mia attenzione. Sembrava particolarmente vecchio, con la copertina un po’
consunta raffigurante un esotico disegno in bianco e nero che il tempo aveva
reso quasi marroncino. L’aprii e, nelle pagine bianche che precedono la stampa,
vidi poche righe scritte con una calligrafia antiquata e svolazzante, ma un po’
sbafata e con qualche macchiolina, come se le parole fossero state vergate
ancora con il pennino intinto nel calamaio. “Questo volume appartiene a…(il
nome di mio padre)…Roma, 1918.” Mio padre nacque nel 1906 e fra me e lui c’erano
quarantotto anni di differenza che, specialmente nel secolo scorso, significava
un gap generazionale praticamente insormontabile. Il fatto di trovare qualcosa
che appartenesse a lui quando all’incirca aveva la mia età, e che probabilmente
gli era piaciuto tanto da indurlo a rivendicarne per iscritto la proprietà, mi
incuriosiva molto. Pensai, irrazionalmente, che se l’avessi letto, in qualche
maniera, avrei avuto qualcosa in comune con lui e con quel bambino che anche
mio padre, che avevo sempre conosciuto vecchio, doveva essere stato. A otto
anni, avevo già letto qualcosa a scuola ma, fuori dai portoni del Marcantonio
Colonna, per me esistevano solo i fumetti, e la decisione di affrontare il mio
primo libro fu una tappa miliare nel cammino della mia esistenza. Per fortuna
il genitore aveva scelto bene. Come meglio debuttare nella società dei lettori
che leggendo “I Misteri della Giungla Nera” di Emilio Salgari? Ancora mi
ricordo Tremal-Naik, Kamamurri e i malefici Sick con la dea Khali che
richiedeva sacrifici umani. Grandioso! Il libro mi agganciò dalle prime pagine
e lo lessi tutto scoprendo un mondo che poi seppi, con immensa ammirazione, l’autore
aveva tutto inventato a tavolino non essendosi mai mosso da Torino. Ho
posseduto l’intero ciclo dei pirati della Malesia e dei corsari nei vari colori
per poi passare ad altre letture, ma quasi mai con lo stesso coinvolgimento. Ho
il solo grande dispiacere che nei numerosi traslochi che mi è capitato di
affrontare, è andato perso proprio quel libro che però, per me, rimane il più
importante di tutti.
Bellissimo!!!! Il primo libro come primo amore. Ci avvicina ad una persona che crediamo di conoscere bene e che invece ci rivela delle sorprese. Ci accomuna a lei con un legame magico, invisibile ma eterno.
RispondiEliminaTrovare poi un libro di un'altra persona è quasi esoterico Se la conosciamo quasi ci fonde insieme. Se è una sconosciuta ci fa nascere sovente la voglia di conoscerla meglio, di saperne di più.
E poi, sembra che il destino abbia messo ì proprio quel libro. Quello che ci apre ad un monndo sconosciuto e ci indica una strada da seguire. Quella della lettura che giorno dopo giorno viene alimentata dalla nostra curiosità e alimenta la nostra voglia di approfondimento.
Bellissimo! Ciao