martedì 30 aprile 2019

Il giocatore


Ero giovane, allora. Una sera d’estate, sul traghetto da Civitavecchia a Olbia, non avevo sonno e uscii sul ponte per godere della brezza marina e del cielo stellato. Non so che ora fosse, certamente tardi, tutti dormivano e la grande nave avanzava maestosa e lenta come un gigantesco cetaceo fatto d’acciaio e vetro. Il rollio dell’imbarcazione, unito al battito ritmico e continuo dei pistoni, trasmettevano la sensazione di essere trasportati da un organismo vivente del quale si poteva percepire il sordo battito del cuore proveniente dai remoti meandri di un’enorme carcassa. Può essere che a volte il mostro si sentisse solo, ed allora dai grandi sfiati in plancia emetteva un barrito potente come quello di cento elefanti. Il mare scivolava ai lati della chiglia lasciando una scia d’argento, mentre sotto la superficie un nero profondo nascondeva un mondo fatto di mistero.
Mi appoggiai al parapetto e guardai all’insù. Chi vive in città non riesce a vedere cosa ha sopra la testa, ma quando mancano le luci d’intorno, o sono soffuse, nel cielo si accendono una moltitudine di scintille e la volta celeste sembra un immenso drappo di velluto scuro ricamato con i diamanti più puri e freddi. E’ uno spettacolo sempre uguale che si potrebbe rimirare per ore, lasciando che i pensieri negativi e le preoccupazioni si perdano tra stelle e pianeti scivolando sulla Via Lattea verso ignote galassie e nuove illusioni.
All’epoca, fumavo. E bevevo. Senza esagerare per nessuno dei due vizi, almeno quasi mai. Forse la sfilai da un pacchetto di HB o di Kent, non credo Marlboro, comunque mi accesi una sigaretta schermando la fiamma del cerino con la mano. Per completare la mia piccola orgia privata, tirai fuori dalla tasca una fiaschetta di metallo, di quelle che usano i cacciatori, piena di un bourbon aromatico e forte. Qualche boccata, un sorso ogni tanto, e la mente vagava in libertà.
-Ehi, scusa. – Feci un balzo, spaventato da un’improvvisa voce alle mie spalle. Mi voltai e vidi un uomo alto e magro vestito in maniera curiosa. Sembrava un cow boy da saloon o un croupier da film in costume. Indossava dei pantaloni neri con un gilet di seta rosso scuro e sotto una camicia bianca con i polsini chiusi da gemelli dorati. Ciò che stonava di più in quell’ambiente marinaro erano soprattutto gli stivaletti con la punta ricamata e il cappello a larghe tese calato sugli occhi. –Mi faresti accendere? – Chiese con voce rauca.
-Certamente. – Risposi porgendogli la scatoletta dei cerini. Con calma l’uomo s’infilò in bocca un sigarillo tirando profonde boccate ed espirando il fumo con voluttà.
-Senti. – Proseguì lui. – Facciamo un baratto. Tu mi dai un po’ di quello che hai nella fiaschetta ed io, in cambio, ti darò qualche consiglio. – Figuriamoci, non accettavo suggerimenti neanche dai parenti, pensa un po’ se starei stato a sentire le baggianate di un tipo strano. Però ero curioso e qualche sorsata di whisky non la si nega mai a nessuno. Gli passai il liquore, si attaccò e deglutì molte volte. Poi cominciò:
-Vedi figliolo, ho passato la mia vita leggendo i volti delle persone: dal loro sguardo posso capirne le emozioni ed indovinare come hanno intenzione di giocare. Adesso vedo dell’inquietudine nei tuoi occhi. Stammi bene a sentire, mi ringrazierai. – Ero molto scettico, ma lo lasciai proseguire. – La vita, ragazzo, è come una partita a poker e devi sapere come comportarti. Quello che vivrai ogni giorno consideralo come se fosse la tua mano di carte. Devi decidere quando passare, quando chiudere o quando andare via. Devi essere bravo a bluffare, ma non contare mai i soldi mentre il gioco è in corso. Avrai tempo per farlo quando tutto sarà finito. Ogni giocatore d’azzardo sa che il segreto per sopravvivere è distinguere cosa scartare e cosa tenere, perché ogni mano può essere vincente o perdente, dipende come si affronta. Il meglio che puoi sperare è di alzarti dal tavolo senza averci lasciato le penne, in attesa della partita perfetta. Comunque sia, che vada bene o che vada male, l’importante è giocarsela fino alla fine. E non conta la fortuna, perché il tuo full d’assi può sempre incontrare un poker contro, e quello che sembrava una svolta promettente ti farà precipitare in un burrone. – Lo interruppi.
-Sei un giocatore professionista? – Ghignò.
-Sono uno che scommette. Sulle carte e sulla vita. Ed è quello che capita a tutti: una perenne scommessa contro il destino. Ma il fato lo si può sfidare e, se si è abili abbastanza, forse si può riuscire a non farsi fregare. Forse. – Mise la bocca sotto al collo della fiaschetta scuotendola per farne uscire le ultime gocce, poi me la restituì con un cenno di ringraziamento. Senza dire altro, si voltò e andò via. Lo vidi sparire attraverso un boccaporto seguito dal rumore dei suoi tacchi sul metallo e dalla nuvoletta azzurra del sigaro.
Rimasi solo sul ponte chiedendomi se quelle chiacchiere avessero un senso o fosse stata solo una scusa per finire il mio liquore. Negli anni successivi, qualche volta, ci ho ripensato perché non sempre ho saputo quando passare, quando chiudere o quando andare via.

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