Quel ragazzo è solo, nudo come la
verità e senza vergogna come l’innocenza. Ha le braccia lungo il corpo con
qualcosa stretto in una mano, forse i fogli di un compito appena finito o un disegno
fatto per gioco; l’attenzione del giovane adesso è rivolta ai suoi pensieri.
Con la testa china, avanza a brevi passi sulle rocce di un percorso che appare
impervio. Forse è l’allegoria della vita nella quale nasciamo nudi e senza
averi e che dobbiamo percorrere tra inevitabili ostacoli, una strada che inizia
per miracolo e finisce nel mistero. Il ragazzo è serio, non accenna ad alcun
sorriso, guarda avanti di sottecchi con un’aria di sfida, tira indietro le
spalle e si apre al mondo, molto più consapevole di quanto la sua giovane età
lascerebbe supporre. E’ vulnerabile, a piedi scalzi si potrebbe ferire su
qualche sasso, le intemperie potrebbero coglierlo senza riparo o una natura
ostile potrebbe rivolgerglisi contro, ma non sembra avere paura. Non esita a proseguire
seguendo un destino che per lui è già tracciato; magari viaggia nella fantasia e
nella sua mente si immagina protagonista delle avventure lette nei libri di un
certo Salgari che, al tempo, faceva sognare i fanciulli. Oppure l’espressione
accigliata racconta di un litigio con un compagno dal quale si sta separando,
le prime delusioni dell’amicizia e, in seguito, dell’amore. Ma, più
drammaticamente, quell’aura di mestizia potrebbe appartenere a un piccolo
profugo dolente con una carta in mano che l’accompagna attraverso frontiere
fatte per escludere, che non avrebbe mai voluto attraversare e che
l’allontanano da casa. O, Dio non voglia, a un giovane che fugge dalla guerra senza
mostrare disperazione ma solo l’inebetita e stupefatta rassegnazione di tante
piccole vittime, tanto più dolenti quanto ormai prive di lacrime. Quella scultura,
anonima e senza riferimenti, probabilmente scaturì da un bel blocco di marmo,
bianco come i suoi emuli più grandi che fanno mostra di loro tutt’intorno agli
stadi del Foro Italico e fu poi relegata in un angolo nascosto, all’ombra di un
grande edificio razionalista. Le intemperie e l’incuria hanno distribuito
sporcizia e muffe sulla sua superfice e adesso si presenta ingrigita e segnata,
simile allo specchio di Dorian Grey dove l’immagine veniva riflessa sempre
giovane, ma il tempo lasciava il suo segno. Se ne infischia, la statua, di non
essere considerata tra le attrazioni di un luogo che esalta la forza trionfante
di una razza solo ipotetica, sa bene che, come Davide con Golia, la sua innocenza
risulterà sempre vincente contro chi vuole prevalere con il sopruso. E, se
anche non fosse vero, bisogna credere che valga comunque la pena di lottare e
di ribellarsi alle ingiustizie, anche quando sembrano battaglie perse. La figura
rappresenta un fanciullo dal corpo acerbo, ma nel cuore di quel fantomatico giovane
c’è l’universo e la speranza per tutta l’umanità.
Il ragazzo di pietra sa bene che
rimarrà nascosto in quel ritaglio di giardino, ignorato dai tifosi che vanno
allo stadio, da chi da quelle parti fa qualche attività fisica e dagli scatti dei
fotografi in cerca di inquadrature epiche. Forse un giorno verrà rimosso per
finire in qualche magazzino, ma non se ne cura.
Nessun commento:
Posta un commento