giovedì 13 aprile 2023

L'Ultimo Colpo

 

Quella maledetta pallina mi prendeva per il culo. Un ampio swing all’inizio, con la forza giusta, e lei spiccò il volo. Sembrava avesse puntato la piazzola del green e la volesse raggiungere a tutti i costi, inesorabile e determinata. Si librò alta, indifferente agli sbuffi del vento e quasi irridendo i rami protesi per ostacolarla, docile e precisa come il meglio addestrato fra i segugi. Toccò terra rotolando graziosamente come una ginnasta all’uscita di un esercizio. Le mie aspettative non sembravano in quel momento mal riposte mentre mi illudevo che il golf non fosse uno sport poi tanto difficile. Con allegrezza percorsi le poche centinaia di metri che mi separavano dal nuovo incontro con la mia piccola amica lucida e tonda. Stavo gareggiando su un par 4, mentre il sole illuminava il sentiero della prossima gloria e ondivaghi stormi di volatili canterini disegnavano forme sempre nuove su una tela dipinta di blu. Il secondo colpo fu abbastanza soddisfacente. La pallina non si rivelò altrettanto volenterosa come nel primo, ma svolse il suo compito con diligenza posizionandosi ad appena un paio di metri dalla buca. Giulio Cesare non appena varcato il Rubicone non ebbe dubbi sulla vittoria, anche se ancora non aveva combattuto la battaglia, così io mi sentivo, fiducioso e sereno, sicuro che la mia perizia unita alla benevolenza del fato avrebbero condotto al trionfo. Il mio avversario sul green, lo chiamerò fittiziamente Severiano per non urtare alcuna suscettibilità, sembrava ormai rassegnato a fare da comparsa in una recita che mi vedeva da solo alla ribalta, protagonista e mattatore. Mi avvicinai alla pallina con la ragionevole certezza di centrare un “birdie”, il primo della giornata ed anche della stagione. Chi mi conosce sa che sulle questioni importanti non mento, e se dico che postura, forza e orientamento del colpo furono quanto di meglio si richieda, mi si può credere. Impattai e lei partì. Non doveva far altro che andare dritta per una manciata di centimetri e poi lasciarsi cadere in buca come una fanciulla innamorata tra le braccia dell’amante. Ma la pallina, lo dice il nome stesso, è femmina e quindi capricciosa. Mi illuse per il primo metro rotolando composta e diligente, ma poi come una signora a passeggio lungo una via dello shopping che si accorge di una nuova borsa nella vetrina di un negozio, improvvisamente deviò il suo percorso distraendosi dalla meta. Un gentiluomo perdona sempre la propria compagna e quindi, solo leggermente deluso, mi apprestai al quarto colpo per chiudere in parità col par; andava bene lo stesso. Presi il mio tempo e andai a colpire ancora, comunque fiducioso. Severiano, appoggiato sulla spalla del caddie, guardava sogghignando. Dall’alto della sua maggiore esperienza sapeva che si stavano manifestando i prodromi del dramma e voleva goderselo tutto. La pallina sentì la carezza della mazza, ma ormai sembrava essersi innervosita e non gradì. Partì, piano piano, e si avvicinò alla buca, scarrocciò sul bordo e proseguì sul green rifiutandosi di entrare. Che avrebbe detto Giobbe? Probabilmente avrebbe alzato le spalle, si sarebbe aggiustato il berretto, una sistematina al guanto e avrebbe serenamente continuato. A me venne spontaneo un rigurgito di rabbia e, se non ci fosse stato Severiano, avrei volentieri preso a morsi la pallina, anche col rischio di compromettere il lavoro del mio dentista. Ma bisogna mostrare fair play e quindi, appena un po’ più vermiglio del solito, andai appresso alla pallina per il tiro finale. Trenta centimetri? Forse meno, questa era la distanza da coprire. Un tocchettino. Lo so, è la mia immaginazione forse esaltata da un goccio di whisky, ma mentre la fissavo per colpirla, mi sembrò che la pallina mi guardasse sfidando la mia supposta padronanza, come una suffragetta nei confronti del potere maschilista. Non si sarebbe piegata al mio volere, e infatti nonostante la poca forza, la pallina sorvolò la buca per posizionarsi dall’altra parte. Siamo uomini o caporali (cit. Totò)? Mi avvicinai a lei brandendo la mazza come un cavernicolo con la clava e, senza por tempo in mezzo colpii ancora. E ancora, e ancora e ancora. Severiano si stava sganasciando mentre il caddie segnò + 8 sul blocchetto dello score. All’ultimo colpo, con l’asta della bandierina in mano e guardando il fondo della buca dove finalmente giaceva la mia nemica, ruggii a piena voce: “Fuck!!!” Non fu una scena elegante, ma mi sembrò il minimo.

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