E’ una
storia finita, chiusa, passata. Un giorno d’autunno, mentre una pioggerella
leggera piangeva sul parabrezza, hai aperto la portiera della macchina e sei
scesa senza voltarti indietro. Lasciavi con me una parte della tua vita ed io
non riuscivo a dire niente. Avrei voluto, e quante volte mi sono maledetto per
una mano non allungata, per una voce non urlata, per un orgoglio idiota. E poi
più niente, come se niente fosse mai esistito, come se tutti i semi di un amore
non avessero generato altro che terra brulla. Un momento e si chiude una
finestra, come se quel campo di grano non si stendesse fino all’orizzonte, come
se il sole non splendesse più, come se il buio della stanza fosse normale. E
dentro un boato rompe l’anima, mentre i tacchi delle tue scarpe fanno
scricchiolare la ghiaia di un vialetto che ti porta lontano, oltre il mio
sguardo. Va bene, se per te va bene, ma non mi puoi impedire di pensarti. Di
lavorare e pensarti; di parlare con lei e di pensarti; di ridere con qualcuno
che non riconosco e di pensarti. In questa maniera sto ancora con te, col tuo
ricordo. E ti parlo, anche se non rispondi; ti prendo per mano, anche se non
sento il tuo calore; ti sorrido, anche se non vedo i tuoi occhi. Non so dove ti
trovi adesso, ma non sei lontana da me perché a me sei legata dalla memoria di
tante sere passate in nessun posto, di tanti abbracci pieni di noi due insieme,
di tanti attimi lunghi come l’infinito. Ma se nella scintilla guizzante del
fuoco di un camino improvvisamente ti apparirà la nostalgia di un ricordo, se
nel brivido dei primi freddi avrai voglia di tornare sotto quella vecchia
coperta di pile, se un tramonto al mare ti sembrerà privo d’emozione, pensami
anche tu. In quel momento mi ritroverai ed io saprò che mi stai pensando perché
non c’è fine ad un amore, se amore è stato.
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