sabato 14 dicembre 2019

Una visita inaspettata.


Questo è il momento della giornata che preferisco. Il capo è all’ultimo piano della nostra casa in arenaria rossa al centro di Manhattan, Fritz sta in cucina probabilmente sperimentando nuovi abbinamenti tra spezie e salse ed io ho tutto il tempo di leggere i giornali del mattino seduto alla mia scrivania. La pace dura esattamente due ore, dalle nove alle undici del mattino, quando per nessuna ragione al mondo si può distrarre il mio caro datore di lavoro da quello che lui ritiene essere il suo vero compito nel mondo: la cura delle orchidee. Dopo quell’ora l’ascensore interno riporta al piano terra il giardiniere di vocazione e cominciamo a darci da fare per guadagnare la pagnotta quotidiana, magari con un bel po’ di companatico vista la mole del titolare. Chiedo scusa, non mi sono presentato: Archie Goodwin, braccio destro, ma più spesso gambe ed occhi, del ben noto investigatore privato Nero Wolfe famoso per la sua perspicacia e per la pigrizia ai limiti dell’accidia. Dove lui non arriva per mancanza di voglia, io mi precipito e dove spesso io scorgo la nebbia, lui squarcia i veli della conoscenza facendo girare le rotelle ben oliate della sua materia grigia da concorso. Qualche mio amico della settima avenue, non particolarmente raffinato, direbbe che siamo come culo e camicia e non avrebbe torto. Adesso che abbiamo fatto conoscenza ed in considerazione dell’attuale periodo dell’anno, desidero raccontarvi una storia capitata giustappunto nei giorni precedenti il Natale di qualche tempo fa.
-Archie, il campanello. Vada lei ad aprire, Fritz è alle prese con la “béarnaise” e non può essere distratto, pena l’impazzimento della salsa e la rovina della pietanza.
-Per carità, non sia mai che succedesse una tale tragedia! Corro, agli ordini! – Non mi dispiaceva che qualcuno suonasse alla nostra porta, spesso significava un nuovo caso di cui occuparci con relativa parcella necessaria per quadrare i conti di casa e soddisfare gli esosissimi sfizi del capo. Come d’abitudine, prima d’aprire, sbirciai dallo spioncino. Un tizio mascherato da Babbo Natale era in attesa al di là del portone. Non prometteva un granché, ma non si butta via niente ed aprii.
-Vorrei parlare con Nero Wolfe. - Disse un vocione dietro la barba bianca
-Chi devo annunciare? – Chiesi con un velo d’ironia.
-Mi può chiamare Klaus, per il momento.
-Si accomodi, vedo se può riceverla. – Lasciai il panzone rosso vestito nella sala d’attesa ed entrai nello studio. Nero Wolfe era impegnato a contare i tappi a corona delle bottiglie di birra che aveva bevuto fino a quel momento ordinatamente conservati nel cassetto della scrivania. Come ogni saggia persona, sa dosare i suoi eccessi, almeno fino a quando non ritiene di superare i limiti, e quel trucco gli serve per non andare oltre.
-C’è Babbo Natale che chiede di essere ricevuto. Cosa devo dire?
-Archie, non sono in vena di scherzi. Ho trovato della cocciniglia particolarmente aggressiva sulla punta di una foglia di Ancamptis pyramidalis e la cosa mi preoccupa moltissimo.
-Capisco il dramma, ma in sala c’è veramente un Santa Claus, o supposto tale, che chiede di lei.
-Forse mi aiuterà a distrarmi, faccia passare. – Disse con compiacenza il mio “coequipier”.  Feci quanto richiesto e l’uomo mascherato prese posto sulla poltroncina di marocchino rosso di fronte alla scrivania dell’investigatore.
-Buongiorno. – Esordì compito il nostro ospite con un timbro di voce degno del miglior basso da opera lirica. – Mi permetto di disturbarla per una questione della massima urgenza che mi sta particolarmente a cuore. Ho saputo della sua fama d’investigatore e credo di avere proprio bisogno del suo aiuto. – Il principale alzò la manona per stoppare l’interlocutore.
-Un momento, prima di tutto lei chi è e perché va in giro vestito così?
-Il mio nome, al momento, non ha importanza. Come ho detto al suo segretario, può chiamarmi Klaus o Nicola, faccia lei. Per quanto riguarda il vestito, beh, mi sembra in tono col periodo, no? – Conoscendolo, intuivo come, dentro di sé, Nero Wolfe stesse combattendo un’aspra battaglia tra due opposte fazioni. Una premeva per cacciare immediatamente ed in malo modo l’intruso, l’altra spronava a recepire lo stimolo della curiosità. Vinse la seconda. Il boss si accomodò bene sulla poltrona di dimensioni XXXL, poggiò i gomiti sulla scrivania e congiunse la punta delle dita disponendosi all’ascolto.
-Va bene, signor…Klaus, dica pure.
-Ecco, si tratta di una persona scomparsa.
-La fermo subito, caro signore. Per un problema del genere la polizia è molto meglio attrezzata di me. Loro hanno una quantità di uomini e mezzi da impiegare nella ricerca. Sicuramente avrebbero molte più chance di successo delle mie.
-Si, si lo so, ma ci sono un paio di difficoltà. La prima è che devo trovare l’uomo entro dopodomani, venticinque dicembre, e l’altra è che se ne sono perse le tracce da circa quarant’anni. Inoltre non ha commesso alcun reato ed ormai la maggiore età l’ha passata da un pezzo. Così, capisce, la polizia non mi darebbe alcun ascolto, anzi credo mi potrebbero anche cacciare in malo modo. – Devo dire che, richiesto di un parere, avrei condiviso ed avallato il punto di vista delle forze dell’ordine, ma ormai l’interesse era stato stuzzicato e Wolfe stette al gioco.
-E come pensa che io possa riuscire in questa impresa che appare impossibile?
-Lei avrebbe un punto di vantaggio dal quale partire. Sono infatti al corrente delle sue origini montenegrine ed anche quella persona viene da là. Probabilmente lei ha ancora qualche contatto in loco e potrebbe chiedere delle informazioni.
-Va bene, mi dia indicazioni più dettagliate. A proposito, ha una foto del ricercato?
-Sì, ma è molto vecchia. – Rispose Klaus tirando fuori da un tascone una istantanea ingiallita dal tempo e tendendola verso Wolfe. - Si vede l’uomo insieme ad altre persone fuori da un bar di Podgorica. Guardi, è quello col cappello e il bavero del giaccone sollevato.
-Non si capisce niente. Il nome, l’età e il più recente domicilio conosciuto.
-Si faceva chiamare Brat, non so se sia il primo nome o il cognome. Più o meno dovrebbe avere la nostra età e l’ultima volta che lo vidi viveva in Novaka Miloševa.
-Uhmmm. Descrizione fisica?
-Corpulento, alto, capelli scuri e occhi neri. Un bell’uomo, possente, sempre pronto alla risata e gran compagnone.
-Due domande ancora. Perché lo sta cercando, e come mai lo deve trovare necessariamente entro il venticinque? – Il nostro ospite ci pensò un po’ su, si vedeva che era emotivamente scosso.
-Ho lasciato una questione in sospeso tanti anni fa e, avvicinandomi ad un’età avanzata, non vorrei vivere il rimanente del mio tempo col rimpianto di un passo non fatto. Non si preoccupi, non c’è niente di illegale e le mie intenzioni sono del tutto benevole, mi piacerebbe solo riannodare un filo spezzato dal destino. La data è obbligata dalla mia partenza. Il ventisei devo assolutamente recarmi altrove e, se non trovo Brat in tempo, ho paura di non incontrarlo più.
-Tra l’altro, bisogna mettere in conto che nel frattempo potrebbe essere morto. Ne è consapevole? – Disse cinico Wolfe.
-Certamente, ma almeno me ne farò una ragione. Comunque onorerò ugualmente la sua parcella.
-Per questo tratterà con Goodwin. Adesso vada e torni domattina, non prima delle undici, faremo il punto della situazione. Archie, accompagni il signore alla porta. Buongiorno. – Dopo che il cliente fu uscito, tornai alla mia postazione accanto al capo. Lo trovai col capo appoggiato allo schienale della poltrona, gli occhi chiusi e le labbra intente nella solita ginnastica fuori e dentro della bocca. Il segnale significava che il grand’uomo, grande in tutti i sensi, stava meditando e per me era tassativamente proibito disturbarlo. Presi il New York Times e lo aprii alla pagina delle corse dei cani. Andai alla colonna con le quote per le scommesse ed anch’io cominciai a meditare.
Il pomeriggio passò senza che, apparentemente, Wolfe stesse occupandosi del caso. Svolgeva le sue normali attività e sembrava di ottimo umore senza alcun pensiero per la testa. Io cominciavo ad innervosirmi. Se non gli interessava aiutare quell’uomo avrebbe potuto dirlo chiaramente senza illuderlo a vanvera. Decisi di sollecitarlo e lo raggiunsi in cucina, il regno di Fritz Brenner chef di alto livello tanto bravo quanto permaloso. Vidi i due intenti in una discussione impegnativa. Dovevano essere in disaccordo su qualcosa perché, pur senza alzare i toni, le voci erano taglienti ed il nervosismo nell’aria quasi palpabile.
-Non vorrei contraddirla, caro Fritz, ma la “fricandeau” si cucina solamente con la polpa di vitello, ovvero la parte anteriore della coscia di un animale non più vecchio degli otto mesi. Altrimenti parliamo di un altro piatto.
-Mi dispiace, monsieur, ma nei locali stellati di Marsiglia dove per molto tempo ho esercitato la mia missione, la fricandeau si prepara con ogni taglio di animale giovane e tenero. Quindi quest’agnello in casseruola fa esattamente al caso nostro e si può ben vantare del titolo della ricetta.
-Non credo.
-Io credo di sì. – Sarebbero andati avanti per ore e forse sarebbe scoppiata una faida sanguinosa che avrebbe coinvolto le generazioni future. Intervenni.
-Mi dispiace interrompere la dotta tenzone, ma vorrei ricordare che abbiamo un cliente che si aspetta di essere servito dalla nostra opera. Per il momento, mi sembra che non abbiamo fatto ancora niente di niente. E’ corretto? – Wolfe mi rivolse uno sguardo di compatimento ai limiti del disgusto e con aria offesa, rispose:
-Ormai lo dovrebbe aver capito, Goodwin, io lavoro anche quando sembra che non lo stia facendo. E se non lo avesse ancora recepito, se lo metta bene in testa per le prossime volte. Non posso sopportare un grillo parlante alle spalle, specialmente quando fa osservazioni sconsiderate ed inutili.
-Bene, lo terrò presente. – Non mi ero offeso, battibeccavamo spesso e circa una volta al mese venivo licenziato per poi essere riassunto sbollita l’ira del momento. Pertanto incalzai. –Ma per il nostro Klaus, di vermiglio abbigliato, come dobbiamo muoverci? Chiamo Orrie Cather per mandarlo in giro, mi attacco al telefono con lo stato balcanico, mi metto in contatto col Consolato del Montenegro? Insomma cosa faccio?
-Niente, Archie. Non deve fare niente, si rilassi e mi lasci parlare con il signor Fritz prima che vada avanti propugnando la sua eresia. – Mi rassegnai e tornai nello studio per evadere un po’ di scartoffie. Per vedere cosa si sarebbe inventato Wolfe dovevo solo tenere a freno la mia curiosità fino all’indomani mattina, quando sarebbe tornato il cliente. Ero quasi sicuro che questa volta avremmo dovuto rinunciare all’incarico, ma la conseguente brutta figura non sarebbe stata nella consuetudine del capo. Aspettai il giorno dopo.
Quando alle undici e tre minuti Wolfe entrò dalla porta laterale del suo ufficio senza salutare nessuno e si sedette alla scrivania imbronciato e lunatico come spesso gli succedeva, il signor Kalus era già al suo posto nella poltrona degli ospiti ed io pronto con il taccuino in mano per stenografare l’andamento dell’incontro.
-Bene, bene. – Esordì l’investigatore. – Ho lavorato alacremente sul caso. – A me non era sembrato affatto, ma naturalmente non lo dissi. –Non è stato facile fare ricerche a distanza di così tanto tempo e di migliaia di chilometri. Abbiamo dovuto attivare tutte le risorse a nostra disposizione e mettere in campo ogni capacità investigativa. – Cosa stava succedendo? Lo stimatissimo signor Nero Wolfe stava mentendo ad un cliente magari solo per intascare il rimborso spese? Non lo potevo credere.
-Quali sono i risultati? – Chiese mr. Klaus.
-Non abbia tanta fretta. – Rispose il capo. – Devo dire che il primo indizio per arrivare ad una conclusione me l’ha fornito il nome stesso della persona scomparsa: Brat. Come lei sa, il croato è la mia lingua madre e, anche se non lo parlo da decenni, ancora ricordo il significato delle parole. A questo punto ho ricostruito una specie di identikit dell’uomo. Grosso modo la mia età, e quindi potevo averlo conosciuto durante gli anni della giovinezza trascorsi in patria; una corporatura simile alla mia, pertanto non comune; tratti somatici non rari dalle nostre parti, ma che mi hanno indotto ad immaginare una certa fisionomia.  
-Vada avanti.
-Calma, calma. Una volta fattomi un’idea, mi si è poi posto il problema di come raggiungere quell’individuo. Come da lei stesso affermato, la distanza fisica e temporale era vasta, non facile da superare specialmente nel breve tempo dell’incarico ma, come dice un noto proverbio, se Maometto non va alla montagna…E così ho aspettato che si muovesse la roccia. - Confesso che non ci stavo capendo assolutamente niente. Dai suoi discorsi sembrava che Wolfe avesse la soluzione in tasca affermando di aver fatto in modo che lo scomparso si rivelasse spontaneamente. Però io sapevo bene che non era così, vista l’assoluta inattività dell’investigatore nelle ultime ore. E quindi?
-E quindi? – Klaus si fece portavoce dei miei pensieri.
-Stamattina… - Io ed il cliente pendevamo dalle labbra di Wolfe che, evidentemente, si stava divertendo a tenerci sulla corda. – …poco dopo che Goodwin ebbe aperto la porta d’ingresso, entrò in questa casa il ricercato. – Sbottai:
-Ma non è venuto nessuno, tranne Klaus.
-Esatto, Archie. Klaus, o meglio Brat, che in croato vuol dire fratello, è mio fratello Miroslav che con la sua messinscena ha voluto farmi una sorpresa e mettermi alla prova. – A queste parole i due omaccioni si alzarono dalle rispettive poltrone e si abbracciarono. Forse per la prima volta vidi le commozione negli occhi di Wolfe per aver ritrovato il suo familiare dopo tanto tempo. Miroslav si strappò la barba finta con una grande risata:
-Pensavo di metterti in difficoltà, fratellone, ma avevo sottovalutato le tue cellule grigie che in parte abbiamo anche in comune. Mi sembrava banale suonare al campanello e presentarmi così, semplicemente. Ho voluto divertirmi un po’ e credo che anche tu abbia gradito la piccola burla.
-Caro mio, ci vuole altro per mettere in imbarazzo Nero Wolfe! – Il capo se lo disse da solo, ma in fondo aveva ragione.
Fu un Natale particolare pieno di chiacchierate in un idioma del quale non capivo un accidente e di grasse risate accompagnate da fiumi di birra, mentre Fritz dovette fare gli straordinari preparando portate che sembravano più adatte ad un battaglione di marines che a soli due ospiti. Per fortuna il cinodromo è aperto anche durante le feste ed io, con questa scusa, me la svignai di casa. Un Wolfe è tanto, ma due sono decisamente troppo!




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