Questo è il
momento della giornata che preferisco. Il capo è all’ultimo piano della nostra
casa in arenaria rossa al centro di Manhattan, Fritz sta in cucina
probabilmente sperimentando nuovi abbinamenti tra spezie e salse ed io ho tutto
il tempo di leggere i giornali del mattino seduto alla mia scrivania. La pace
dura esattamente due ore, dalle nove alle undici del mattino, quando per
nessuna ragione al mondo si può distrarre il mio caro datore di lavoro da
quello che lui ritiene essere il suo vero compito nel mondo: la cura delle
orchidee. Dopo quell’ora l’ascensore interno riporta al piano terra il
giardiniere di vocazione e cominciamo a darci da fare per guadagnare la
pagnotta quotidiana, magari con un bel po’ di companatico vista la mole del
titolare. Chiedo scusa, non mi sono presentato: Archie Goodwin, braccio destro,
ma più spesso gambe ed occhi, del ben noto investigatore privato Nero Wolfe
famoso per la sua perspicacia e per la pigrizia ai limiti dell’accidia. Dove
lui non arriva per mancanza di voglia, io mi precipito e dove spesso io scorgo
la nebbia, lui squarcia i veli della conoscenza facendo girare le rotelle ben
oliate della sua materia grigia da concorso. Qualche mio amico della settima
avenue, non particolarmente raffinato, direbbe che siamo come culo e camicia e
non avrebbe torto. Adesso che abbiamo fatto conoscenza ed in considerazione
dell’attuale periodo dell’anno, desidero raccontarvi una storia capitata
giustappunto nei giorni precedenti il Natale di qualche tempo fa.
-Archie, il
campanello. Vada lei ad aprire, Fritz è alle prese con la “béarnaise” e non può
essere distratto, pena l’impazzimento della salsa e la rovina della pietanza.
-Per carità,
non sia mai che succedesse una tale tragedia! Corro, agli ordini! – Non mi
dispiaceva che qualcuno suonasse alla nostra porta, spesso significava un nuovo
caso di cui occuparci con relativa parcella necessaria per quadrare i conti di
casa e soddisfare gli esosissimi sfizi del capo. Come d’abitudine, prima
d’aprire, sbirciai dallo spioncino. Un tizio mascherato da Babbo Natale era in
attesa al di là del portone. Non prometteva un granché, ma non si butta via
niente ed aprii.
-Vorrei
parlare con Nero Wolfe. - Disse un vocione dietro la barba bianca
-Chi devo
annunciare? – Chiesi con un velo d’ironia.
-Mi può
chiamare Klaus, per il momento.
-Si
accomodi, vedo se può riceverla. – Lasciai il panzone rosso vestito nella sala
d’attesa ed entrai nello studio. Nero Wolfe era impegnato a contare i tappi a
corona delle bottiglie di birra che aveva bevuto fino a quel momento ordinatamente
conservati nel cassetto della scrivania. Come ogni saggia persona, sa dosare i
suoi eccessi, almeno fino a quando non ritiene di superare i limiti, e quel
trucco gli serve per non andare oltre.
-C’è Babbo
Natale che chiede di essere ricevuto. Cosa devo dire?
-Archie, non
sono in vena di scherzi. Ho trovato della cocciniglia particolarmente
aggressiva sulla punta di una foglia di Ancamptis pyramidalis e la cosa mi
preoccupa moltissimo.
-Capisco il
dramma, ma in sala c’è veramente un Santa Claus, o supposto tale, che chiede di
lei.
-Forse mi aiuterà
a distrarmi, faccia passare. – Disse con compiacenza il mio “coequipier”. Feci quanto richiesto e l’uomo mascherato
prese posto sulla poltroncina di marocchino rosso di fronte alla scrivania
dell’investigatore.
-Buongiorno.
– Esordì compito il nostro ospite con un timbro di voce degno del miglior basso
da opera lirica. – Mi permetto di disturbarla per una questione della massima
urgenza che mi sta particolarmente a cuore. Ho saputo della sua fama d’investigatore
e credo di avere proprio bisogno del suo aiuto. – Il principale alzò la manona
per stoppare l’interlocutore.
-Un momento,
prima di tutto lei chi è e perché va in giro vestito così?
-Il mio
nome, al momento, non ha importanza. Come ho detto al suo segretario, può
chiamarmi Klaus o Nicola, faccia lei. Per quanto riguarda il vestito, beh, mi
sembra in tono col periodo, no? – Conoscendolo, intuivo come, dentro di sé, Nero
Wolfe stesse combattendo un’aspra battaglia tra due opposte fazioni. Una premeva
per cacciare immediatamente ed in malo modo l’intruso, l’altra spronava a
recepire lo stimolo della curiosità. Vinse la seconda. Il boss si accomodò bene
sulla poltrona di dimensioni XXXL, poggiò i gomiti sulla scrivania e congiunse
la punta delle dita disponendosi all’ascolto.
-Va bene,
signor…Klaus, dica pure.
-Ecco, si
tratta di una persona scomparsa.
-La fermo
subito, caro signore. Per un problema del genere la polizia è molto meglio attrezzata
di me. Loro hanno una quantità di uomini e mezzi da impiegare nella ricerca.
Sicuramente avrebbero molte più chance di successo delle mie.
-Si, si lo
so, ma ci sono un paio di difficoltà. La prima è che devo trovare l’uomo entro
dopodomani, venticinque dicembre, e l’altra è che se ne sono perse le tracce da
circa quarant’anni. Inoltre non ha commesso alcun reato ed ormai la maggiore
età l’ha passata da un pezzo. Così, capisce, la polizia non mi darebbe alcun
ascolto, anzi credo mi potrebbero anche cacciare in malo modo. – Devo dire che,
richiesto di un parere, avrei condiviso ed avallato il punto di vista delle
forze dell’ordine, ma ormai l’interesse era stato stuzzicato e Wolfe stette al
gioco.
-E come
pensa che io possa riuscire in questa impresa che appare impossibile?
-Lei avrebbe
un punto di vantaggio dal quale partire. Sono infatti al corrente delle sue
origini montenegrine ed anche quella persona viene da là. Probabilmente lei ha
ancora qualche contatto in loco e potrebbe chiedere delle informazioni.
-Va bene, mi
dia indicazioni più dettagliate. A proposito, ha una foto del ricercato?
-Sì, ma è
molto vecchia. – Rispose Klaus tirando fuori da un tascone una istantanea
ingiallita dal tempo e tendendola verso Wolfe. - Si vede l’uomo insieme ad
altre persone fuori da un bar di Podgorica. Guardi, è quello col cappello e il
bavero del giaccone sollevato.
-Non si
capisce niente. Il nome, l’età e il più recente domicilio conosciuto.
-Si faceva
chiamare Brat, non so se sia il primo nome o il cognome. Più o meno dovrebbe
avere la nostra età e l’ultima volta che lo vidi viveva in Novaka Miloševa.
-Uhmmm.
Descrizione fisica?
-Corpulento,
alto, capelli scuri e occhi neri. Un bell’uomo, possente, sempre pronto alla
risata e gran compagnone.
-Due domande
ancora. Perché lo sta cercando, e come mai lo deve trovare necessariamente
entro il venticinque? – Il nostro ospite ci pensò un po’ su, si vedeva che era
emotivamente scosso.
-Ho lasciato
una questione in sospeso tanti anni fa e, avvicinandomi ad un’età avanzata, non
vorrei vivere il rimanente del mio tempo col rimpianto di un passo non fatto. Non
si preoccupi, non c’è niente di illegale e le mie intenzioni sono del tutto
benevole, mi piacerebbe solo riannodare un filo spezzato dal destino. La data è
obbligata dalla mia partenza. Il ventisei devo assolutamente recarmi altrove e,
se non trovo Brat in tempo, ho paura di non incontrarlo più.
-Tra
l’altro, bisogna mettere in conto che nel frattempo potrebbe essere morto. Ne è
consapevole? – Disse cinico Wolfe.
-Certamente,
ma almeno me ne farò una ragione. Comunque onorerò ugualmente la sua parcella.
-Per questo
tratterà con Goodwin. Adesso vada e torni domattina, non prima delle undici,
faremo il punto della situazione. Archie, accompagni il signore alla porta.
Buongiorno. – Dopo che il cliente fu uscito, tornai alla mia postazione accanto
al capo. Lo trovai col capo appoggiato allo schienale della poltrona, gli occhi
chiusi e le labbra intente nella solita ginnastica fuori e dentro della bocca.
Il segnale significava che il grand’uomo, grande in tutti i sensi, stava
meditando e per me era tassativamente proibito disturbarlo. Presi il New York
Times e lo aprii alla pagina delle corse dei cani. Andai alla colonna con le
quote per le scommesse ed anch’io cominciai a meditare.
Il
pomeriggio passò senza che, apparentemente, Wolfe stesse occupandosi del caso.
Svolgeva le sue normali attività e sembrava di ottimo umore senza alcun pensiero
per la testa. Io cominciavo ad innervosirmi. Se non gli interessava aiutare
quell’uomo avrebbe potuto dirlo chiaramente senza illuderlo a vanvera. Decisi
di sollecitarlo e lo raggiunsi in cucina, il regno di Fritz Brenner chef di
alto livello tanto bravo quanto permaloso. Vidi i due intenti in una
discussione impegnativa. Dovevano essere in disaccordo su qualcosa perché, pur
senza alzare i toni, le voci erano taglienti ed il nervosismo nell’aria quasi
palpabile.
-Non vorrei
contraddirla, caro Fritz, ma la “fricandeau” si cucina solamente con la polpa
di vitello, ovvero la parte anteriore della coscia di un animale non più
vecchio degli otto mesi. Altrimenti parliamo di un altro piatto.
-Mi
dispiace, monsieur, ma nei locali stellati di Marsiglia dove per molto tempo ho
esercitato la mia missione, la fricandeau si prepara con ogni taglio di animale
giovane e tenero. Quindi quest’agnello in casseruola fa esattamente al caso
nostro e si può ben vantare del titolo della ricetta.
-Non credo.
-Io credo di
sì. – Sarebbero andati avanti per ore e forse sarebbe scoppiata una faida sanguinosa
che avrebbe coinvolto le generazioni future. Intervenni.
-Mi dispiace
interrompere la dotta tenzone, ma vorrei ricordare che abbiamo un cliente che
si aspetta di essere servito dalla nostra opera. Per il momento, mi sembra che
non abbiamo fatto ancora niente di niente. E’ corretto? – Wolfe mi rivolse uno
sguardo di compatimento ai limiti del disgusto e con aria offesa, rispose:
-Ormai lo
dovrebbe aver capito, Goodwin, io lavoro anche quando sembra che non lo stia
facendo. E se non lo avesse ancora recepito, se lo metta bene in testa per le
prossime volte. Non posso sopportare un grillo parlante alle spalle,
specialmente quando fa osservazioni sconsiderate ed inutili.
-Bene, lo
terrò presente. – Non mi ero offeso, battibeccavamo spesso e circa una volta al
mese venivo licenziato per poi essere riassunto sbollita l’ira del momento.
Pertanto incalzai. –Ma per il nostro Klaus, di vermiglio abbigliato, come
dobbiamo muoverci? Chiamo Orrie Cather per mandarlo in giro, mi attacco al
telefono con lo stato balcanico, mi metto in contatto col Consolato del
Montenegro? Insomma cosa faccio?
-Niente,
Archie. Non deve fare niente, si rilassi e mi lasci parlare con il signor Fritz
prima che vada avanti propugnando la sua eresia. – Mi rassegnai e tornai nello
studio per evadere un po’ di scartoffie. Per vedere cosa si sarebbe inventato
Wolfe dovevo solo tenere a freno la mia curiosità fino all’indomani mattina,
quando sarebbe tornato il cliente. Ero quasi sicuro che questa volta avremmo
dovuto rinunciare all’incarico, ma la conseguente brutta figura non sarebbe
stata nella consuetudine del capo. Aspettai il giorno dopo.
Quando alle
undici e tre minuti Wolfe entrò dalla porta laterale del suo ufficio senza
salutare nessuno e si sedette alla scrivania imbronciato e lunatico come spesso
gli succedeva, il signor Kalus era già al suo posto nella poltrona degli ospiti
ed io pronto con il taccuino in mano per stenografare l’andamento
dell’incontro.
-Bene, bene.
– Esordì l’investigatore. – Ho lavorato alacremente sul caso. – A me non era
sembrato affatto, ma naturalmente non lo dissi. –Non è stato facile fare
ricerche a distanza di così tanto tempo e di migliaia di chilometri. Abbiamo
dovuto attivare tutte le risorse a nostra disposizione e mettere in campo ogni
capacità investigativa. – Cosa stava succedendo? Lo stimatissimo signor Nero
Wolfe stava mentendo ad un cliente magari solo per intascare il rimborso spese?
Non lo potevo credere.
-Quali sono
i risultati? – Chiese mr. Klaus.
-Non abbia
tanta fretta. – Rispose il capo. – Devo dire che il primo indizio per arrivare
ad una conclusione me l’ha fornito il nome stesso della persona scomparsa:
Brat. Come lei sa, il croato è la mia lingua madre e, anche se non lo parlo da
decenni, ancora ricordo il significato delle parole. A questo punto ho
ricostruito una specie di identikit dell’uomo. Grosso modo la mia età, e quindi
potevo averlo conosciuto durante gli anni della giovinezza trascorsi in patria;
una corporatura simile alla mia, pertanto non comune; tratti somatici non rari
dalle nostre parti, ma che mi hanno indotto ad immaginare una certa fisionomia.
-Vada
avanti.
-Calma,
calma. Una volta fattomi un’idea, mi si è poi posto il problema di come
raggiungere quell’individuo. Come da lei stesso affermato, la distanza fisica e
temporale era vasta, non facile da superare specialmente nel breve tempo dell’incarico
ma, come dice un noto proverbio, se Maometto non va alla montagna…E così ho
aspettato che si muovesse la roccia. - Confesso che non ci stavo capendo
assolutamente niente. Dai suoi discorsi sembrava che Wolfe avesse la soluzione
in tasca affermando di aver fatto in modo che lo scomparso si rivelasse
spontaneamente. Però io sapevo bene che non era così, vista l’assoluta
inattività dell’investigatore nelle ultime ore. E quindi?
-E quindi? –
Klaus si fece portavoce dei miei pensieri.
-Stamattina…
- Io ed il cliente pendevamo dalle labbra di Wolfe che, evidentemente, si stava
divertendo a tenerci sulla corda. – …poco dopo che Goodwin ebbe aperto la porta
d’ingresso, entrò in questa casa il ricercato. – Sbottai:
-Ma non è
venuto nessuno, tranne Klaus.
-Esatto,
Archie. Klaus, o meglio Brat, che in croato vuol dire fratello, è mio fratello
Miroslav che con la sua messinscena ha voluto farmi una sorpresa e mettermi
alla prova. – A queste parole i due omaccioni si alzarono dalle rispettive
poltrone e si abbracciarono. Forse per la prima volta vidi le commozione negli
occhi di Wolfe per aver ritrovato il suo familiare dopo tanto tempo. Miroslav si
strappò la barba finta con una grande risata:
-Pensavo di
metterti in difficoltà, fratellone, ma avevo sottovalutato le tue cellule
grigie che in parte abbiamo anche in comune. Mi sembrava banale suonare al
campanello e presentarmi così, semplicemente. Ho voluto divertirmi un po’ e
credo che anche tu abbia gradito la piccola burla.
-Caro mio,
ci vuole altro per mettere in imbarazzo Nero Wolfe! – Il capo se lo disse da
solo, ma in fondo aveva ragione.
Fu un Natale
particolare pieno di chiacchierate in un idioma del quale non capivo un
accidente e di grasse risate accompagnate da fiumi di birra, mentre Fritz
dovette fare gli straordinari preparando portate che sembravano più adatte ad
un battaglione di marines che a soli due ospiti. Per fortuna il cinodromo è
aperto anche durante le feste ed io, con questa scusa, me la svignai di casa.
Un Wolfe è tanto, ma due sono decisamente troppo!
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